L’abito non fa il monaco, forse è vero, ma un bel vestito conferisce di certo una buona impressione. La moda firmata molto amata e apprezzata non è però accessibile a tutti. Gli elevati costi la rendono un lusso per pochi. Tuttavia i dati mostrerebbero il forte calo di fatturato che molti brand stanno subendo nei semestri e trimestri, soprattutto per i gruppi francesi, mentre altre holding vanno a gonfie vele. Con un andamento altalenante, dalle quotazioni emerge che per un marchio che scende, ce ne è un altro che sale.
Ad avere un esito positivo e a resistere al rallentamento delle vendite sono Prada, Moncler e Cucinelli, in un panorama non radioso in cui molti brand crollano. Ad essere in discesa è anche il portafoglio francese Lvmh, che vanta alcuni tra i più prestigiosi marchi moda quali Fendi, Dior e Louis Vuitton. Proprio da loro si è purtroppo verificata una diminuzione dell’1% nell’ultimo semestre rispetto al precedente periodo. Il totale delle vendite si aggira attorno ai 41,7 miliardi di euro.
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Indice decrescente della moda
Il secondo gruppo al mondo, Kering, fondato dall’attuale CEO, Francois-Henri Pinault e che racchiude in sé marchi come Gucci, Balenciaga, Alexander McQueen, Bottega Veneta e Saint Laurent, conferma e dichiara questo indice decrescente. Nel periodo che va da gennaio a giugno 2024 sono state registrate vendite per 9 miliardi di euro con un calo del -11% nel periodo seguente del secondo trimestre aprile-giugno 2024.
In particolar modo Gucci, il punto di forza del gruppo, ha registrato profitti semestrali in forte ribasso totalizzando 4,1 miliardi di euro, arrivando così al -19% in meno nel secondo trimestre. Trend che non ha ancora invertito la rotta. Il motivo andrebbe attribuito al mercato chiave dell’area Asia-Pacific dove la situazione è peggiorata inesorabilmente. Per salvaguardare la propria immagine il marchio ha optato per una manovra di salvataggio che stenta a portare ad esisti positivi.
Le motivazioni
In Italia la situazione è diversa. A farlo notare sono i casi di Cucinelli, Prada e Moncler, che aprono ad uno spiraglio di positività nel settore tessile colpito dalla crisi. La condizione difficile anche per il settore della moda è da attribuire a molteplici motivazioni. Primo fra tutte, il diminuito interesse dei consumatori globali nei confronti dell’alta sartoria, dovuto anche alle incertezze del mercato cinese che continua a crescere senza limite. Secondariamente le esportazioni sono cresciute dell’8,6% rispetto al 2023, mentre le importazioni sono diminuite del 2,3%.
In occidente, una parte importante inevitabile è data dall’inflazione. L’aumento dei prezzi non ha di certo giovato, in quello che è un momento storico dove la povertà è dilagante. L’aumento fuori controllo dell’alta moda ha reso i prodotti dei brand di lusso accessibili ad una fascia sempre più ristretta. Basti pensare all’iconica borsa Chanel, la 2.55, che ha subito un rincaro notevole, quasi imbarazzante, nel corso del tempo. L’anno in cui venne messa sul mercato, nel 1955 aveva un costo di 220 dollari, nel 1990 salì a 1.150 dollari per arrivare oggi a 10 mila.
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