Il docufilm si basa sulla testimonianza diretta di Shlomo sull’Olocausto, raccolta quasi 30 anni fa da Marcello Pezzetti, storico della Shoah, e dal regista Ruggero Gabbai, depositata nel CDEC
“Tutto mi riporta al campo: qualunque cosa faccia, qualunque cosa veda, il mio spirito torna sempre nello stesso posto. Non si riesce a uscire mai, per davvero”.
Il 29 dicembre 2023 saranno cento anni dalla nascita di Shlomo Venezia (1923-2012), Testimone
della Shoah, ormai scomparso da dieci anni, che da Salonicco venne deportato ad Auschwitz –
Birkenau dove fu obbligato assieme agli altri Sonderkommando a lavorare nelle camere a gas. La
sua storia viene raccontata nel nuovo docufilm “Il respiro di Shlomo” del regista Ruggero Gabbai,
con autore Marcello Pezzetti, e prodotto dalla Fondazione Museo della Shoah.

Il film ripercorre la storia di Shlomo Venezia, da Salonicco all’inferno di Auschwitz – Birkenau, poi Ebensee, Mauthausen e Roma, la città in cui Shlomo scelse di vivere costruendosi una famiglia. La testimonianza di Shlomo e i ricordi degli amici più cari e dei parenti si intrecciano con il racconto di
Marcello Pezzetti che guida lo spettatore in questa emozionante storia. Il documentario si basa sulla
testimonianza diretta di Shlomo raccolta quasi 30 anni fa da Marcello Pezzetti, storico della Shoah,
e dal regista Ruggero Gabbai, depositata all’interno dell’Archivio della Memoria del Centro di
Documentazione Ebraica Contemporanea – CDEC. Così lo storico e scrittore Andrea Vitello in una nota.
Vitello è specializzato in didattica della Shoah e graduato a Yad Vashem. Ha scritto il libro, con la prefazione di Moni Ovadia, intitolato Il nazista che salvò gli ebrei. Storie di coraggio e solidarietà in Danimarca (Le Lettere 2022).
Il docufilm sarà trasmesso su Rai 1 in seconda serata il 27 gennaio, e poi rimarrà sempre
disponibile su Raiplay.
Qui il trailer del film
Chi è Shlomo Venezia
Scrittore italiano di origine ebraica (Salonicco 1923 – Roma 2012), sopravvissuto alla Shoah.
Arrestato con alcuni membri della famiglia e deportato nel campo di sterminio di Auschwitz-
Birkenau l’11 aprile del 1944, durante la prigionia venne costretto a lavorare nelle unità speciali
denominate Sonderkommandos. Tra le mansioni a cui fu assegnato vi erano quelle della rimozione
dei cadaveri dalle camere a gas e del loro incenerimento, del taglio dei capelli, dell’estrazione dei
denti d’oro, dell’asportazione di abiti e oggetti personali dai corpi delle vittime. Prigioniero per sette
mesi a Birkenau, poi per altri cinque a Mauthausen, dopo la liberazione divenne uno dei principali
testimoni della tragedia dell’Olocausto, che descrisse con lucidità e profondo senso storico in
trasmissioni televisive, in conferenze e nei principali eventi commemorativi dello sterminio ebraico.
Grande protagonista dei viaggi della Memoria, trasse dalla sua esperienza il testo Sonderkommando
Auschwitz (2007), tradotto in 24 lingue; della sua consulenza si è inoltre avvalso R. Benigni per la
ricostruzione del mondo dei campi di sterminio presentata nella pellicola La vita è bella (1997).