La donna di 51anni lombarda che qualche giorno fa era riuscita a farsi dare l’ok dall’Asl Toscana per il suicidio assistito, non è riuscita ad aspettare la fine del lungo iter necessario in Italia per effettuare questa pratica. È infatti dovuta andare in Svizzera per poter morire subito, dato che le sue sofferenze erano arrivate a un livello tale da non essere più sopportabili. La donna soffriva di sclerosi multipla progressiva da 20 anni.
Questa mattina è finalmente deceduta, ponendo così fine ad anni di dolori. L’Associazione Luca Coscioni a cui la donna si era rivolta, fa sapere che è stata accompagnata in Svizzera da Claudio Stellari e Matteo D’Angelo iscritti a Soccorso Civile, che assiste le persone che hanno deciso di morire all’estero, e di cui è presidente e responsabile legale Marco Cappato.
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La donna era completamente paralizzata a causa della malattia e aveva per questo richiesto il suicidio medicalmente assistito. L’Asl Toscana nord ovest qualche giorno fa aveva dato parere favorevole. Si era quindi sbloccato l’iter per portare a termine la richiesta per la paziente che aveva rifiutato la nutrizione artificiale. Ma a oggi, la stessa Asl non rende ancora disponibile la relazione finale e il parere del comitato etico. E è per questo ritardo che la donna ha scelto di andare all’estero.
Suicidio assistito, la richiesta alla Asl italiana
L’associazione Luca Coscioni a cui si era rivolta la donna qualche tempo fa e che ne aveva reso noto il caso un mese fa ha affermato che “è la prima applicazione della nuova sentenza della Consulta che ha esteso il concetto di ‘trattamento di sostegno vitale'”.
L’associazione spiega che l’Azienda sanitaria “ha comunicato il suo parere favorevole: la donna possiede tutti e quattro i requisiti previsti dalla sentenza 242/2019 (Cappato/Dj Fabo) per poter accedere legalmente al suicidio medicalmente assistito in Italia. Se confermerà la sua volontà, potrà procedere a porre fine alle sue sofferenze. La Commissione medica della azienda sanitaria ora aspetta di sapere le modalità di esecuzione e il medico scelto dalla donna, in modo da assicurare ‘il rispetto della dignità della persona'”.
La 51enne aveva inviato la richiesta per verificare le sue condizioni il 20 marzo e l’Asl aveva dato inizialmente una risposta negativa, che è cambiata a seguito alla recente sentenza della Corte costituzionale n. 135 del 2024 che ha esteso l’interpretazione del concetto di “trattamento di sostegno vitale“.
L’Asl fino a qualche giorno fa non aveva mai riconosciuto la presenza di questo requisito, perché equiparava il rifiuto della nutrizione ufficiale all’assenza del ‘trattamento di sostegno vitale’. Nella nuova sentenza però i giudici hanno chiarito che “non vi può essere distinzione tra la situazione del paziente già sottoposto a trattamenti di sostegno vitale, di cui può chiedere l’interruzione, e quella del paziente che non vi è ancora sottoposto, ma ha ormai necessità di tali trattamenti per sostenere le sue funzioni vitali”.
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