Alberto Stasi resterà in semilibertà. Lo ha deciso la Prima Sezione penale della Cassazione, dopo la conclusione della camera di consiglio tenutasi oggi, rigettando il ricorso proposto dalla Procura generale di Milano contro l’ordinanza del 9 aprile 2025, con cui il Tribunale di sorveglianza di Milano aveva concesso la misura alternativa all’uomo condannato in via definitiva per la morte di Chiara Poggi.
La Procura di Milano aveva presentato la richiesta citando alcuni “vizi di legittimità” nell’ordinanza con cui lo scorso aprile era stata concessa a Stasi la semilibertà. Nello specifico, si faceva riferimento all’intervista che il condannato aveva rilasciato al programma “Le Iene“, pubblicata lo scorso 30 marzo. Secondo la Procura sarebbe mancata l’autorizzazione al detenuto per rilasciare dichiarazioni alla trasmissione nel corso di un permesso premio concesso solamente per un ricongiungimento famigliare.
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Per questi motivi era stato chiesto di annullare il provvedimento, con rinvio ai giudici milanesi della Sorveglianza per una nuova valutazione. La difesa di Stasi aveva invece sostenuto che il ricorso fosse “inammissibile“.
Il caso dell’intervista di Stasi nel corso della semilibertà
La conversazione di Stasi davanti ai microfoni de Le Iene avrebbe messo in pericolo il suo percorso di semilibertà. La richiesta della Procura di Milano avrebbe potuto provocare, infatti, la revoca della misura alternativa al carcere, riportando il detenuto in carcere. Sin da subito, però, i legami dell’uomo, condannato a scontare 16 anni per omicidio, si sono detti più che tranquilli, in quanto convinti che non vi sarebbe stata alcuna violazione dei termini dell’accordo.
Giada Bocellari, uno degli avvocati che rappresenta Stasi, aveva infatti sostenuto che la nuova impugnazione non avrebbe generato alcuna “preoccupazione“, in quanto “già ampiamente chiarita dal carcere e dal Tribunale d Sorveglianza“. Il direttore della struttura detentiva di Bollate aveva infatti spiegato che l’intervista sarebbe stata sostenuta nel corso di un permesso premio e che per questo non aveva “causato infrazioni alle prescrizioni“.
I legali, inoltre, aveva ricordato che nel caso in cui questa conversazione avesse rappresentato un problema, allora avrebbero dovuto “revocargli il lavoro esterno e non negargli la semilibertà“. Al momento della registrazione dell’intervista, infatti, a Stasi non era ancora stata garantita la misura alternativa al carcere. Quest’ultima era invece stata concessa sia per il comportamento tenuto da Stasi in carcere, definito “rigoroso e rispettoso delle regole, anche nel corso di benefici penitenziari concessi“.
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