Giovedì 20 luglio, ha avuto luogo, su iniziativa del senatore Guidi, “Volare alto – Sport e disabilità: per una rivoluzione del linguaggio e della rappresentazione”. Sono stati, quindi, affrontati i temi dello sport e della disabilità, in occasione dell’uscita del libro “Proabilità – una nuova parola per superare le barriere e trasformare le diversità in risorse”, scritto da Arturo Mariani, fondatore e capitano della Roma Calcio Amputati.
Durante il convegno, sono intervenuti anche Marco Borzacchini, presidente della FISDIR, Fabio Salerno, Direttore Generale dell’ASI, Giuliano Bufacchi, coach della Nazionale italiana di basket con sindrome di Down, e il senatore Roberto Marti, presidente della commissione Cultura e Sport. Al margine dell’evento, abbiamo avuto modo di intervistare Arturo Mariani, a proposito dei temi trattati e del suo libro, che introduce il termine “proabilità”, come alternativa a “disabilità”.
Mariani: “Politica e sport devono unirsi”
A livello culturale, come può la politica aiutare il mondo dello sport e viceversa nell’ambito della proabilità?
“La politica è fondamentale, così come lo sport è fondamentale per la politica. Sono due poli che devono unirsi e devono connettersi per riuscire a cambiare quella che poi è una cultura, una mentalità. Io lavoro molto su questo sul cambiare le parole, perché le parole cambiano la mentalità“.
“Lavorando a stretto contatto soprattutto con i più piccoli, possiamo davvero realizzare questo cambiamento nel concreto. La proabilità sia nello sport che nell’educazione deve diventare uno stato di presenza, dove si va a ricercare la possibilità piuttosto che la mancanza, mettendo in luce i talenti piuttosto che gli handicap, così come li chiamavano”.
Mariani: “La proabilità è rivolta a tutti”
Lei che vive il mondo dello sport in prima persona, che passi avanti sono stati fatti in questi anni dal punto di vista culturale?
“Sicuramente sono stati fatti dei passi da gigante, perché ci sono sempre più situazioni dove è possibile praticare sport a 360 gradi, anche se ancora poche. Noi abbiamo fondato la Roma Calcio Amputati, l’Academy Proabile, una scuola calcio a 360 gradi, dove tutte le persone con la loro proabilità possono scoprire loro stessi. Si tratta di qualcosa che, secondo me, dovrebbe essere istituzionale e arrivare in tutte le società sportive, ma più di tutto partire dalle scuole”.
A chi più di tutti vorrebbe che arrivasse il messaggio del suo libro, ossia di cogliere le opportunità più che i limiti?
“Non c’è un target riferito alle persone con cosiddetta proabilità, anzi la proabilità è rivolta a tutti: siamo tutti proabili. Spero che venga accolto dai più giovani, perché i giovani sono il futuro, i giovani sono coloro che hanno meno schemi, meno strutture e possono permettere il cambiamento che aspettiamo e che vogliamo. Spero che inizi una nuova cultura sin dai bambini, una nuova mentalità, quella del proabile”.