Si è spenta ieri, nella sua casa in Georgia, all’età di 96 anni Rosalynn Carter, la first lady degli Stati Uniti dal 1977 al 1981. A darne il triste annuncio è stato il Carter Center, l’organizzazione no profit fondata insieme al marito Jimmy Carter nel 1982 con l’obiettivo di promuovere i diritti umani.
“La nostra co-fondatrice, l’ex first lady Rosalynn Carter, è morta oggi pomeriggio in Plains, Georgia. È morta in pace, con la famiglia al suo fianco” – si legge nel comunicato stampa rilasciato dal Carter Center, il quale solo pochi giorni fa aveva annunciato l’inizio di cure palliative dopo un peggioramento delle sue condizioni di salute – soffriva di demenza senile.
Il ricordo dell’ex presidente Jimmy Carter
A poche ore dalla sua morte, anche l’ex presidente Jimmy Carter – il quale si è sottoposto a cure palliative 7 mesi fa e che ha compiuto 99 anni lo scorso 2 ottobre – ha voluto ricordare l’amata moglie in una commovente nota. “Rosalynn è stata la mia partner in qualsiasi cosa ho fatto. È stata la mia guida e il mio incoraggiamento quando ne ho avuto bisogno. Fino a quando è stata al mondo, sapevo che c’era qualcuno che mi amava e mi sosteneva” – scrive l’ex presidente verso colei che ha da sempre considerato “la sua migliore amica, la sua perfetta estensione, probabilmente la persona più influente della sua vita”.
Sostegno alla salute mentale alla rivoluzione della figura della first lady
Rosalynn Carter si è battuta per tutta la vita a favore dell’assistenza e dei diritti delle donne, ma soprattutto è stata “appassionata sostenitrice della salute mentale” e si battuta per facilitare l’acceso alle cure per i malati.
Proprio per via della sua devozione alle cause umanitarie e del suo attivismo politico – partecipava alle riunioni di gabinetto e si esprimeva su temi controversi – ha rivoluzionato la figura della first lady tanto da essere considerata la “copresidente” durante il mandato del marito Jimmy Carter. Dopo quattro mesi dall’elezione del marito, per esempio, visitò 7 Paesi in 13 giorni per spiegare la politica estera americana, soprattutto in materia di diritti umani e traffico di droga.
Inoltre, si batté a lungo sulla problematica della salute mentale e la cura degli anziani. E quando i media non la appoggiavano non si tratteneva dall’accusarli di voler trattare solo temi sexy. Questo suo pugno di ferro, in contrasto con il suo essere timida e con il suo accento del sud, le costò anche l’appellativo di “Steel Magnolia”.
La sconfitta alle elezioni del 1980 e l’allontanamento da Washington non hanno mai spento il suo entusiasmo e la voglia di sostenere delle giuste cause. Per questo con il marito fondò il Carter Center e scrisse Helping Yourself Help Others, incentrato sulle “difficoltà di prendersi cura degli anziani e dei parenti in crisi”.