“Che cosa facciamo noi se non lavoriamo?“, così un rider libero professionista risponde a La Stampa. Non stipendiati, pagati a consegne effettuate e ora incentivati a lavorare con temperature estreme in cambio di bonus economici, i ciclo-fattorini sono una delle professioni più a rischio nel mezzo di questa ondata di calore. Eppure, questi non sembrano intenzionati a voler smettere di lavorare. In fin dei conti, senza lavoro non c’è guadagno e senza guadagno non c’è sopravvivenza.
L’emergenza caldo ha quindi fatto riemergere con prepotenza il tema dei diritti dei lavoratori. Se le ordinanze regionali e il protocollo per le emergenze climatiche emesso dal ministero assumono le sembianze di un miracolo per i lavoratori dipendenti a contratto, allo stesso tempo questi sembrano una condanna per chi riceve un compenso solo su mansioni effettivamente compiute.
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Per ovvie ragioni, i rider tendono a lavorare nelle ore di punta del caldo. Consegnando pranzi e spesa a domicilio, quotidianamente affrontano il caldo torrido delle 12, delle 13 e anche delle ore successive. In cambio una paga poco concorrenziale, che aumenta solamente se il lavoro è veloce ed efficiente. “Questo è il lavoro, prendere o lasciare“, commenta Youssef a La Stampa, ricordando che a volte la realtà non è solo quella che si vede.
La bufera sugli incentivi ai rider che lavorano con temperature estreme
La denuncia della Cgil di Bologna che ha segnalato la decisione di Glovo di incentivare i lavoratori con bonus nelle ore di caldo più estreme sembra non essere stata recepita di buon grado dai rider. Qualche centesimo in più a consegna per ripagare lo sforzo del ciclo-fattorino è invece apparsa come una decisione più remunerativa e quindi più utile. Una fatto “inaccettabile” per i sindacalisti, che hanno chiesto maggiori tutele per i rider e soprattutto la sospensione di un incentivo che è stato definito “pericoloso“.
Il timore, infatti, è che i fattorini possano decidere di lavorare di più nelle ore di punta del caldo estremo, con l’obiettivo di avere guadagni maggiori anche a discapito della salute. Il problema principale, però, è in realtà un altro e ben più radicato: la mancanza di diritti per questo tipo di lavoratori. L’emergenza caldo ha solamente permesso di uscire allo scoperto ad una problematiche esistente sin dalla nascita di questo tipo di professione.
Dipendenti liberi professionisti che si affidano a piattaforme per lavorare. In questo modo, ogni rider definisce il proprio carico di lavoro, il monte ore settimanale e gli orari in cui effettuare le consegne. L’altro lato della medaglia riguarda però una mancanza di tutele: se non lavori non percepisci pagamento. Non ci sono periodi di ferie, non ci sono malattie e nemmeno imprevisti. Così, nel corso di un’emergenza come quella attuale, i rider devono decidere se rischiare di avere malori per il caldo oppure non avere soldi per sopravvivere.
Una scelta complessa, a cui finora nessuno è riuscito a trovare una soluzione. Le interviste de La Stampa descrivono un quadro ben diverso da quello che l’Italia si aspetterebbe. “Il caldo? E che è un problema?“, ha raccontato un rider italiano che opera dal 2018 come lavoratore autonomo. “Ora ci danno un bonus in base alle temperature, abbiamo acqua gratis e pure le borracce“, ha sostenuto, soddisfatto delle iniziative. In un momento storico in cui il lavoro sembra una fortuna per pochi, le aspettative si sono abbassate sensibilmente e ogni forma di guadagno sembra un successo senza precedenti.
“Non è il caldo che mi preoccupa – racconta un dipendente di Glovo – Stanno chiudendo la sede dove lavoro, tra poco mi lasceranno senza contratto, dovrò tornare anche io a lavorar come gli altri senza alcuna tutela“. I timori sono tanti, eppure sembra che la possibilità di dover lavorare con temperature che superano i 40 gradi non preoccupi enormemente questo tipo di lavoratori.
La libertà di scelta dei rider
A rendere ancora più chiara la situazione è l’intervento di Glovo, che ha deciso di rispondere alla critiche sul bonus caldo: “Ciascun rider ha la massima libertà di scelta su quando e come lavorare, anche in presenza di condizioni difficili“. Insomma, anche di fronte alla consapevolezza dei pericoli che il caldo estremo rappresenta e al disinteresse di chi, per poter vivere, rischia di morire in cambio del proprio guadagno, risulta difficile ammettere che nel nostro Paese c’è un problema legato alla questione lavorativa.
Un equilibrio tra guadagno del datore di lavoro e del dipendente sembra una possibilità ben lontana dalla realtà. Tra contratti a termine, partite Iva, lavoratori stagionali e a chiamata, il mondo del lavoro italiano sembra una giungla di imprevisti e ostacoli. In considerazione di ciò, non sembra assurdo pensare che ormai il pericolo per la propria salute non sia più un discrimine così importante nel momento in cui è necessario accettare un lavoro che permetta a se stessi e alla propria famiglia di sopravvivere.
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