Relazione Dia, la mafia evolve: meno violenze e focus sugli ambienti economici e finanziari

La Direzione investigativa antimafia ha consegnato questa mattina al Parlamento la Relazione sui primi sei mesi del 2023. Nel documento è possibile leggere una storia delle nuove mafie, più evolute, capillari e soprattutto tecnologiche

Redazione
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Questa mattina a Roma la Direzione investigativa antimafia (Dia) ha presentato al Parlamento la Relazione relativa all’attività svolta nei primi sei mesi del 2023. Un documento che descrive l’evoluzione delle attività mafiose, le loro peculiarità e i nuovi pericoli che esse portano con loro. La mafia si modifica a seconda del tempo in cui vive e così anche alcune tra le più antiche associazioni mafiose italiane hanno cambiato il loro modo di agire e i mezzi utilizzati.

Le nuove tecnologie sono divenute fondamentali per le cosche mafiose, che hanno compreso in che modo sfruttarle a loro vantaggio. La mafia, quindi, non è più un problema relegato al Nord Italia, ma diventa capillare e inizia anche a collaborare con gruppi esteri, che ne rafforzano la posizione. Troppi giovani, ancora oggi, vengono adescati dalle associazioni mafiose e troppo spesso la mafia riesce ad insinuarsi nelle istituzione, mettendo in serio pericolo l’assetto dello Stato.

La Dia ha individuato uno dei cambiamenti più importanti subiti dalle mafie in Italia: “Le organizzazioni mafiose, da tempo avviate ad un processo di adattamento alla mutevolezza dei contesti socioeconomici ed alla vantaggiosa penetrazione dei settori imprenditoriali, hanno implementato le capacità relazionali sostituendo l’uso della violenza, sempre più residuale ma mai ripudiato, con strategie di silenziosa infiltrazione e con azioni corruttive“. Quindi, secondo il rapporto della Dia: “Oggi le mafie preferiscono rivolgere le proprie attenzioni ad ambiti affaristico-imprenditoriali, approfittando degli ingenti capitali accumulati con le attività illecite“.

Mafia, i rischi per il Pnrr

Il rapporto della Dia non ha potuto evitare l’argomento del Pnrr, il Piano nazionale di ripresa e resilienza, che potrebbe essere messo in serio pericolo dall’azione delle mafie. Anche il premier Meloni, alcune settimane fa, aveva posto l’attenzione su questo argomento, annunciando che saranno prese provvedimenti per evitare che “i furbetti” mettano le mani sul contenuto del fondo.

A causa dell’alto valore complessivo dei finanziamenti coinvolti, sussiste il rischio che le organizzazioni mafiose possano manifestare interesse per tali fondi, aumentando il fenomeno di infiltrazione nell’economia legale” si legge infatti nella relazione della Dia. Inoltre, la Relazione pone l’attenzione sulle infiltrazioni mafiose all’interno delle istituzioni. “Nel Nord, ma anche nel Centro Italia, la ‘ndrangheta cerca di insinuarsi sempre più nel mondo dell’economia e della finanza. Le numerose segnalazioni di operazioni sospette sono il riflesso di una modalità operativa che punta a riciclare e reimpiegare rilevanti quantità di denaro nelle aree più produttive del Paese“.

La Dia quindi ha sottolineato che questo problema non ha più “carattere locale” ma è una “criticità rivolta anche al Nord Italia, come testimoniato negli ultimi anni dallo scioglimento di diversi consigli comunali“. La Relazione infatti sottolinea come “La ‘ndrangheta ha dimostrato di saper intercettare opportunità e di approfittare delle criticità ambientali per trarne vantaggio, perseguendo una logica di massimizzazione dei profitti e orientando gli investimenti verso ambiti economici in forte sofferenza finanziaria“.

Mafia, l’uso delle nuove tecnologie negli ambienti mafiosi

La Relazione della Direzione investigativa antimafia ha sottolineato come “con il liberarsi dal modello di una mafia di vecchia generazione, aderendo piuttosto alla nuova ed accattivante immagine imprenditoriale, l’uso della tecnologia assume un ruolo determinante per l’attività illecita delle organizzazioni criminali“. Anche la mafia si evolve e adotta nuovi assetti al fine di migliorarsi. Negli ultimi decenni, quindi, le nuove tecnologie si sono rivelate un mezzo utile a costruire un nuovo profilo.

Sulla questione si è anche espresso il procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo, Giovanni Melillo, in audizione davanti alla commissione antimafia: “Le nuove tecnologie digitali sono ormai il cardine organizzativo delle reti criminali, non solo delle reti mafiose. Esse rappresentano un moltiplicatore delle capacità operative delle reti criminali“.

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