consorzio arcale

Pescara, un femminicidio annunciato via social e confessato al barista: “Pronta la valigia per il carcere”

4 Min di lettura

Un femminicidio che si carica di nuove ombre e che si avvolge nell’inquietudine. E’ in provincia di Pescara, a Lettomanoppello che Clelia Mancini, 66 anni, è stata uccisa per mano del suo ex marito, Antonio Mancini, 70 anni, uccisa in strada a colpi di pistola, appena fuori da una farmacia.

Un delitto costellato di dettagli che stanno permettendo di ricostruire nella sua macabra essenza l’intera vicenda. Non ci sarebbe solo l’annuncio lanciato via social dell’assassino che scriveva “è pronta la valigia per il carcere“, bensì anche la denuncia sporta dal figlio della vittima, Camillo, che pubblicamente rende noto come l’uomo fosse in possesso di una pistola, che lui più volte ha segnalato ai carabinieri e che quell’arma gli andava tolta. Invece, nessuno ha fatto nulla e le vicende si sono susseguite arrivando al peggiore dei risvolti.

Insomma, un femminicidio commesso in silenzio ma anticipato da numerosi segnali. Mancini, infatti, negli ultimi mesi aveva riempito il suo profilo social di post minacciosi scrivendo sotto lo pseudonimo di Antonio Ayatollah. Frasi di vario tipo che si sono palesate agli occhi degli inquirenti quasi come una confessione annunciata. L’identikit del 70enne è scandito da un carattere duro, isolato, ossessionato dal controllo.

Ma la confessione in verità è arrivata per primo al barista del locale dove ieri sera si è fermato Mancini circa un quarto d’ora dopo aver sparato ed ucciso la moglie dinanzi agli occhi del nipotino di 12 anni. “Mi ha detto ‘ho sparato a mia moglie“, racconta l’uomo a LaPresse raccontando di avergli “versato da bere e lui ha detto che aspettava i carabinieri per sparare a tutti quelli che sarebbero arrivati. Poi si è innervosito con un cliente appena entrato, è uscito fuori per rincorrerlo e io ho chiuso il bar“.

Secondo quanto emerso, infatti, l’uomo ha continuato a sparare fuori dal bar, fortunatamente senza ferire nessuno, per poi essere fermato e arrestato dai carabinieri di Popoli, località in provincia di Pescara.

Il focus delle indagini però si orienta proprio su quella pistola in possesso dell’assassino. Perché, come raccontato dal figlio al quotidiano Il Centro, da tempo era a conoscenza dell’arma e aveva avvisato le forze dell’ordine. “Perché non la toglievano?“, si interroga il giovane specificando come nessuno sia mai intervenuto. La Procura di Pescara dovrà ora accertare non solo la ricostruzione del femminicidio, ma anche la responsabilità istituzionale di chi sarebbe potuto intervenire impedendo con molta probabilità la morte della 66enne. Sono molti difatti gli interrogativi intorno a questo nodo che solleva dubbi sulle mancate misure di prevenzione e sui meccanismi di controllo delle armi.

Intanto, la comunità del paese del pescarese resta sotto choc e si respira dolore, rabbia e frustrazione. Le autorità locali hanno lanciato la necessità di un rafforzamento delle reti di ascolto e delle tutele per le donne in pericolo. Una questione su cui è tornato lo stesso sindaco di Maiella: “La prevenzione non può restare solo una parola“.

© Riproduzione riservata

TAGGED:
Condividi questo Articolo
Antichi Telai 1894

Avvertenza legale sulle immagini

Alcune delle immagini pubblicate all’interno di questa testata giornalistica sono tratte da fonti online liberamente accessibili. Tali immagini non sono in alcun modo utilizzate per finalità commerciali e i relativi diritti restano di esclusiva titolarità dei rispettivi aventi diritto.

Nonostante le verifiche preventive effettuate dagli autori (incluse, a titolo esemplificativo, l’analisi di metadati, Exif, watermark, loghi o altri segni distintivi), qualora la pubblicazione di un contenuto grafico dovesse risultare lesiva di diritti di proprietà intellettuale o di altri diritti soggettivi, la redazione, su richiesta del titolare, si impegna a rimuoverlo immediatamente o, ove richiesto, a indicarne correttamente l’attribuzione.

Eventuali segnalazioni possono essere inoltrate all’indirizzo e-mail: proprietaintellettuale@ildifforme.it.

In caso di accertata violazione, la redazione adotterà senza indugio ogni misura necessaria alla cessazione della stessa.