“Tante grazie, Eminenza“. Così, il neoeletto Papa Leone XIV esordisce nel suo primo discorso rivolto ai cardinali, invocando una preghiera e chiedendo l’intercessione del Signore per l’aiuto nella guida della Chiesa, con “spirito, entusiasmo e però profonda fede“.
“Fraternità“, “sinodo“, “ottimo clima“. Sono queste le parole che sembrano riassumere alcuni dei commenti a caldo da parte dei porporati, membri del Collegio Cardinalizio che hanno partecipato questa mattina al primo incontro con Papa Leone XIV, a loro riservato, nel corso del quale il Pontefice ha ripreso alcuni punti emersi già nelle Congregazioni Generali pre Conclave. Un’udienza che arriva dopo intensi giorni di preghiera, meditazione e tensione, come confessato all’uscita da alcuni cardinali ai cronisti, come il cileno Fernando Chomali, il croato Pulijc, il malgascio, Désiré Tsarahazana, che con qualche battuta ad esempio su quanto siano “stanchi“, hanno reso l’idea dell’intensità del periodo appena trascorso.
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Con Papa Leone hanno avuto “un dialogo“, un vero e proprio scambio di opinioni, pensieri e ragionamenti, toccando tanti temi, dal Sinodo al ruolo delle donne nella Chiesa. Un momento prezioso per ricevere consigli e proposte, “cose molto concrete“, “un po’ come l’esperienza che molti di voi avete chiesto, – spiega il Pontefice – di una specie di condivisione con il Collegio Cardinalizio”.
“Il Papa, a cominciare da San Pietro e fino a me, suo indegno successore, è un umile servitore di Dio e dei fratelli, non altro che questo“, chiarisce Prevost facendo l’esempio anche di Papa Francesco stesso, “con il suo stile di piena dedizione nel servizio e sobria essenzialità nella vita, di abbandono in Dio nel tempo della missione e di serena fiducia nel momento del ritorno alla Casa del Padre“. I riferimenti nonché il ricordo rivolto a Bergoglio sono stati di tanto in tanto accennati, ben usati per volgere lo sguardo in avanti, raccogliendo “questa preziosa eredità e riprendiamo il cammino, animati dalla stessa speranza che viene dalla fede“.
Il Papa: “Il mio nome perché Leone XIII si dedicò alla questione sociale”
Papa Francesco ma anche la Fede. Leone XIV ha ribadito, come dal Loggione nel giorno in cui si è spogliato delle vesti da porporato per vestirsi da Pontefice e nell’omelia della sua prima messa ai cardinali in Cappella Sistina, l’importanza di avere e custodire la fede. E in quest’ottica, il Papa ha chiesto di rinnovare la piena adesione “alla via che orami da decenni la Chiesa universale sta percorrendo sulla scia del Concilio Vaticano II“.
Motivo per cui, sentendosi “chiamato a proseguire su questa scia, ho pensato di prendere il nome di Leone XIV“. Il Santo Padre spiega che, nonostante le ragioni siano svariate, principalmente la sua scelta sarebbe ricaduta su Leone XIII perché, “con la storica Enciclica Rerum novarum, affrontò la questione sociale nel contesto della prima grande rivoluzione industriale”.
E così, declinandola nella Chiesa del tempo attuale, Prevost palesa come quest’ultima possa offrire “a tutti il suo patrimonio di dottrina sociale per rispondere a un’altra rivoluzione industriale e agli sviluppi dell’intelligenza artificiale, che comportano nuove sfide per la difesa della dignità umana, della giustizia e del lavoro“.
Dopo il discorso il Santo Padre ha voluto con i cardinali conversare riprendendo alcuni temi e proposte emersi negli interventi delle Congregazioni Generali. Un gesto preceduto dalle affettuose parole rivolte ai porporati. “Voi, cari Cardinali, siete i più stretti collaboratori del Papa, e ciò mi è di grande conforto nell’accettare un giogo chiaramente di gran lunga superiore alle mie forze, come a quelle di chiunque“, ha rivelato Papa Leone XIV sottolineando come la presenza dei porporati gli ricorda “che il Signore, che mi ha affidato questa missione, non mi lascia solo nel portarne la responsabilità“.
Aiuto, grazia e provvidenza del Signore sono stati poi i punti su cui il Santo Padre ha costruito il resto del suo discorso. E citando l’auspicio di San Paolo VI pose all’inizio del suo Ministero petrino, Papa Leone XIV chiude il suo intervento: “Passi su tutto il mondo come una grande fiamma di fede e di amore che accenda tutti gli uomini di buona volontà, ne rischiari le vie della collaborazione reciproca, e attiri sull’umanità, ancora e sempre, l’abbondanza delle divine compiacenze, la forza stessa di Dio, senza l’aiuto del Quale, nulla è valido, nulla è santo“.
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