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Omicidio Aurora Tila, condannato a 17 anni l’adolescente che spinse dal balcone la tredicenne

La vittima fece un volo dal balcone del settimo piano del suo condominio a Piacenza il 25 ottobre 2024. Il pm aveva chiesto una pena di 20 anni e 8 mesi per omicidio volontario aggravato dallo stalking

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Diciassette anni di reclusione. E’ questa la sentenza che il giudice del tribunale dei minori di Bologna ha pronunciato a carico del 16enne accusato di aver ucciso Aurora Tila, morta a 13 anni lo scorso 25 ottobre a Piacenza, perché precipitata da un balcone al settimo piano dell’edificio in cui viveva con la famiglia.

Una pena ristretta rispetto a quella di 20 anni e otto mesi che il pm Simone Purgato aveva chiesto per omicidio volontario aggravato dallo stalking, dalla minore età della vittima e dalla relazione affettiva, senza il riconoscimento delle attenuanti generiche. Dall’altra parte, la difesa aveva chiesto l’assoluzione dell’imputato.

Il processo si è svolto con rito abbreviato, il che dà diritto allo sconto di un terzo della pena e il giovane incriminato si è sempre dichiarato innocente. Secondo l’ipotesi formulata dalla Procura sulla base delle ricostruzioni dei fatti condotte, il 25 ottobre 2024 il ragazzo, che aveva avuto una relazione sentimentale con la 13enne, la quale aveva deciso di interrompere, avrebbe volontariamente spinto Aurora dal balcone, per poi colpirla alle mani con le ginocchia per farla cadere dopo che si era aggrappata alla ringhiera nella speranza di riuscire a non precipitare nel vuoto.

Una scena struggente che aveva trovato riscontro anche dai racconti di alcuni testimoni. Una interpretazione della vicenda che non vedrebbe la medesima visione dei difensori dell’imputato che invece ritengono si sia trattato di un incidente e non di un gesto volontario.

La madre della vittima: “Lui l’ha uccisa per possesso”

Sono soddisfatta della condanna a 17 anni, anche se 20 erano meglio“. Così Morena Corbellini madre di Aurora Tila, ha commentato la sentenza emessa dal giudice, puntualizzando che “giustizia è stata fatta” e di “aver sempre creduto nella giustizia“. Secondo quanto raccontato dalla madre di Aurora, l’imputato avrebbe chiesto più volte di uscire dall’aula perché “era molto agitato. Anche la madre dell’imputato ha provato ad intervenire una volta mentre parlava il pm, e il giudice l’ha allontanata facendola poi rientrare dopo qualche minuto“.

Corbellini ha poi confermato ai giornalisti la volontà di voler fondare un’associazione in nome di Aurora: “L’obiettivo è far sì che determinate situazioni non succedano più. L’obiettivo è quello di andare in giro e informare e aiutare i ragazzi e le ragazze che hanno problematiche a non fidarsi di personaggi come il ragazzino incontrato da mia figlia“.

Da parte loro, i legali dell’imputato hanno espresso un certo disaccordo con la sentenza emessa, tanto che uno degli avvocati, Ettore Maini, ha affermato che ci sarebbe stata “una condanna che non rispecchia le richieste del pubblico ministero e nel corso dell’arringa abbiamo evidenziato che le fonoregistrazioni delle dichiarazioni rese dai testi dicono qualcosa in più rispetto a quello che è stato verbalizzato, e soprattutto contraddicono certi aspetti delle verbalizzazioni, per cui l’attendibilità dei testi è in discussione“. Da qui, infatti, la volontà espressa di fare appello.

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