Il Nepal si è rivelato essere l’incubo dell’alpinismo italiano. Le tempeste di neve e una devastante valanga sulle vette himalayane hanno ucciso 9 persone, tra cui 5 escursionisti connazionali.
Una corsa contro il tempo per i soccorritori al lavoro sul “Tetto del Mondo”, e le ricerche proseguono incessantemente sebbene ostacolate dalle difficili condizioni meteo. La scorsa settimana il ciclone Montha, che si è formato nel Golfo del Bengala, ha portato sul Nepal piogge e nevicate che non hanno fatto altro che causare disagi, danni e purtroppo incidenti in quota che si sono moltiplicati a vista d’occhio.
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Lunedì, da quanto appreso, la valanga ha colpito un gruppo di 12 persone al campo base del picco Yalung Ri nel Nepal centrale. Da quanto ha riferito all’Afp, Phurba Tenjiing Sherpa, dell’organizzazione della spedizione Dreamers Destination. Lo sherpa ha affermato di aver “visto tutti e sette i corpi“, tra cui tre italiani, due nepalesi, un tedesco e un alpinista francese.
Si tratterebbe degli scalatori italiani Paolo Cocco e Marco di Marcello, originari dell’Abruzzo, insieme alla guida nepalese Padam Tamang. L’altro italiano, Markus Kirchler, stava salendo con il tedesco Jakob Schreiber, il francese Christian Andre Manfredi e lo sherpa nepalese Yatri Treks con l’agenzia Wilderness Outdoors.
Il resto del gruppo è stato tratto in salvo e trasportato in elicottero nella capitale Kathmundu questa mattina. Tra i soccorsi risultano due alpinisti francese e due nepalesi.
Gli alpinisti Ferronato e Caputo
Nel Nepal occidentale invece, dal 31 ottobre si erano persi i contatti e purtroppo nonostante le lunghe ed estenuanti ricerche tra fitte piogge e abbondanti nevicate, i due alpinisti italiani dispersi sono stati trovati senza vita. Il decesso di Alessandro Caputo e Stefano Farronato è stato confermato questa mattina dalle autorità locali e reso noto dalla Farnesina in una nota.
I due italiani erano impegnati nella scalata del picco Panbari quando sono stati sorpresi da forti nevicate al Campo 1 a quota 5.000 metri, causando l’interruzione della loro ascesa e lasciandoli esposti alle intemperie.
Caputo e Ferronato stavano affrontando una delle montagne più difficile e inesplorate dell’Himalaya nepalese che si inserisce nella catena del Manaslu. I corpi del 28enne di Milano e del 45enne si Bassano del Grappa, sono stati avvistati questa mattina dai soccorritori in volo con l’elicottero, proprio dove si davano per dispersi nei pressi del Campo 1.
Insieme a loro, era partito per la spedizione anche un terzo alpinista, Valter Perlino, di Pinerolo, che sarebbe salvo per miracolo. Perlino infatti era stato colto da malore un paio di giorni prima della partenza costringendolo a trattenersi al campo base, e aveva rinunciato alla scalata in vetta. Una coincidenza del destino che gli ha permesso di comprendere cosa stesse accadendo e lanciare per primo l’allarme per i due compagni dispersi, prima di essere soccorso da un elicottero.
Perlino, professione veterinario e capo spedizione, è uno scalatore professionista che ha fatto esperienza conquistando vette come quelle dell’Everest in solitaria. Caputo del 1997, lavorava sulle nevi di St. Moritz come maestro di sci e studiava giurisprudenza a Milano. Ferronato, di professione arboricoltore, era titolare e ideatore di Aforest, azienda specializzata in arboricoltura con sede a Cassola in provincia di Vicenza. Veterano della montagna, aveva portato a termine molte spedizioni, anche nei luoghi più inospitali della terra, non solo in Nepal ma in Patagonia, Ecuador, Alaska, Islanda, Groenlandia, Svalbard, Pamir e Mongolia.
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