E’ emersa la verità sulle avance dello zio Mario durante la conferenza stampa indetta da Pietro e Natalina Orlandi. I due hanno espresso chiaramente il loro pensiero sull’uscita della notizia emersa dal servizio shock di Mentana su La7: per loro, la pista “familiare” sarebbe un ennesimo depistaggio.
Natalina Orlandi: “Da mio zio solo avance verbali”
Alla domanda su un eventuale stupro, Natalina Orlandi ha risposto seccamente di no, per poi aggiungere: “Si è trattato solo di avance verbali”. I fatti risalgono al ‘78, quando Natalina lavorava alla Camera dei deputati insieme allo zio Mario Meneguzzi. Il corteggiamento sarebbe avvenuto tramite dei “piccoli regali” che Natalina, all’epoca 21enne, non aveva interpretato correttamente.
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“Quando poi ho capito, sul momento mi sono spaventata e l’ho riferito al mio padre spirituale” – ha detto la sorella di Emanuela, che ha smentito ogni tipo di minaccia da parte di Meneguzzi. Per la donna, insomma, il gesto dello zio è stato soltanto la “debolezza di un uomo di 50 anni”.
Sia lei che Pietro negano in ogni modo che dietro questa vicenda si celi qualcos’altro. “Quello che più mi dispiace è che mia zia l’abbia scoperto di colpo a 90 anni” – ha aggiunto Natalina. Pietro Orlandi, allora, è intervenuto per lamentare il mancato preavviso e si dice disgustato dal servizio di Mentana. “Quando l’ho visto con quegli occhi gioiosi” – ha detto riferendosi al direttore di La7 – “ho pensato: ‘ma che carogne’, il Vaticano vuole scaricare la responsabilità sulla nostra famiglia”.
Caso Orlandi: le avance di zio Mario, un altro depistaggio?
Le avance dello zio Mario non sono una novità per la procura di Roma, che aveva già indagato all’epoca della scomparsa di Emanuela Orlandi. Natalina, infatti, era stata interrogata nell’83 dal dottor Sica, il magistrato che si occupava del caso. Sica le aveva chiesto se fosse vera la storia delle avance dello zio, e Natalina dice di aver risposto che “sì, erano vere, ma la cosa era finita lì. Ora mi aspetto una dichiarazione” – ha detto Pietro Orlandi – “altrimenti, significherebbe che il Vaticano sta cercando il modo di scaricare la responsabilità su altri”. L’ipotesi che gli Orlandi lasciano trapelare, infatti, sarebbe quella di un altro depistaggio ordito dal Vaticano. “Mio zio era innocente, quel giorno era lontano da Roma con la sua famiglia” – ha sottolineato Pietro Orlandi, che si è detto infastidito dal servizio di Mentana dove il profilo di Mario Meneguzzi è stato messo a confronto con l’identikit dell’uomo che il 22 giugno dell’83 avrebbe parlato con Emanuela.
Caso Orlandi e la speranza riposta nel governo
Secondo Pietro, con questo gesto il Vaticano ha bruciato le ultime “briciole di dignità” che gli restavano. Forte, però, è ancora la fiducia in Papa Francesco, che ha aperto l’inchiesta rompendo il silenzio dei suoi predecessori. Altra grande speranza, per Pietro e la sua famiglia, è riposta nel Parlamento e nell’attuale governo.
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