“Riteniamo che quella chiesta dal pm non sia giustizia“. La Procura di Milano chiedeva vent’anni di reclusione in carcere per Daniele Rezza, accusato di aver ucciso con una coltellata Manuel Mastrapasqua lo scorso ottobre a Rozzano per rubargli un paio di cuffiette wireless. A commentare la richiesta è stata l’avvocato di parte civile, Roberta Minotti che assiste i famigliari della vittima.
La sentenza della Corte d’Assise di Milano invece è stata più aspra, decidendo di condannare il 20enne a 27 anni di reclusione per omicidio volontario e rapina. Inoltre, la Corte ha applicato la “continuazione” tra i due reati e ha escluso una delle tre aggravanti contestate, ossia il nesso teologico tra l’omicidio e la rapina, ovvero la relazione esistente tra i due reati quando uno viene commesso per eseguire il profitto di un altro.
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Inoltre, i giudici togati Antonella Bertoja e Sofia Fioretta, hanno riconosciuto anche le attenuanti generiche equivalenti alle restanti due aggravanti, ossia quella dell’aver agito in fascia oraria notturna e quella dei motivi abietti e futili. I giudici hanno riconosciuto anche risarcimenti ai familiari di Manuel e a carico dell’imputato da stabilire in sede civile e con provvisionali immediatamente esecutive tra i 70mila e i 150mila euro. Ora, occorrerà attendere i 90 giorni le motivazioni del verdetto.
La richiesta di 20 anni
Nello specifico, con la requisitoria in aula del magistrato ordinario in tirocinio dell’ufficio della pm Letizia Mocciaro, la Procura chiedeva di condannare Rezza a vent’anni con l’esclusione delle tre aggravanti che gli venivano contestate, tra cui proprio i motivi abietti e futili e il nesso dell’omicidio con la rapina. Quest’ultima, avrebbe potuto aggravare la pena fino all’ergastolo, ma con l’esclusione e il riconoscimento solo dei reati di omicidio volontario semplice e di rapina e il riconoscimento delle attenuanti generiche, la pena è rimasta limitata alla richiesta di 20 anni dinanzi alla Corte d’Assise, e i giudici togati.
Uccise Manuel #Mastrapasqua per un paio di cuffie da pochi euro: chiesti 20 anni per Daniele Rezza. Il sostituto Procuratore: “Contesto familiare caratterizzato da violenza cronica”.#Tg1 Maurizio Di Lucchio pic.twitter.com/cS1fjlp2pG
— Tg1 (@Tg1Rai) July 2, 2025
In aula il legale della famiglia Mastrapasqua ha fatto ascoltare l’ultimo audio vocale mandato dalla vittima alla fidanzata pochi minuti prima che venisse aggredito, e l’altro mai inviato, con cui il 31enne, agonizzante in strada, chiedeva aiuto.
L’omicidio di Mastrapasqua
Era la notte tra il 10 e l’11 ottobre scorso, era appena sceso dal tram e stava rientrando a casa alla fine del suo turno di lavoro in un supermercato, quando Manuel Mastrapasqua subì un’aggressione nei pressi di una fermata finendo ucciso con una coltellata al petto. Un’aggressione con l’obiettivo di rapinare delle cuffiette la vittima e che gli inquirenti hanno definito, “tanto violenta quanto fulminea“. Secondo gli esami autoptici, la lama del coltello trapassa il polmone e il pericardio di Manuelm, che viene trasportato in codice rosso in condizioni disperate all’ospedale Humanitas, dove viene dichiarato deceduto un’ora dopo, alle 3.49.
Sul corpo, secondo gli esiti degli esami autoptici, non vengono rilevate ferite da difesa. “Era un bravo ragazzo, un ragazzo educato, che non rispondeva a nessuna provocazione. In caso di rapina non avrebbe mai reagito“, ha detto l’avvocato, riportando le dichiarazioni dei familiari.
“Quando ho visto il ragazzo volevo prendergli tutto, nel senso soldi, cellulare, cose che potevo rivendere“, aveva detto Rezza nell’interrogatorio davanti al gip Domenico Santoro. Nel corso del processo, la difesa aveva rinunciato a presentare la lista testi, ovvero la lista dei testimoni per presentare prove, e ha fatto acquisire tutti gli atti.
Il padre dell’imputato, oltre ad aver gettato in un cassonetto le cuffiette rubate, – come aveva spiegato Rezza: “Gli ho detto di buttarle” – lo aveva accompagnato alla stazione di Pieve Emanuele, nel Milanese, dove il giovane aveva preso un treno fino a Pavia, per poi raggiungere in autobus Alessandria, dove il 20enne si è costituito.
“Voglio chiedere scusa e perdono alla famiglia per quello che ho fatto e sono pronto a fare subito un percorso di giustizia riparativa“, aveva riferito Rezza in aula, aggiungendo: “Non era mio intento ammazzarlo, volevo solo rapinarlo. Mi sono avvicinato con il coltello per farmi dare quello che aveva e lui ha reagito“. Il 20enne, tra le altre cose, è protagonista anche di un altro processo che lo vede imputato per un’aggressione di fine giugno 2024, sempre con un coltello, ai danni di un altro ragazzo, che subì per fortuna solo un piccolo taglio.
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