IPM, decreto Caivano aggrava il mondo delle carceri: dai detenuti fino agli agenti penitenziari

Mancanza di sicurezza, giovani senza futuro, sovraffollamento e una preoccupante carenza di organico: mancano educatori, medici, psichiatri e soprattutto i controllori per antonomasia del sistema carcerario, la polizia penitenziaria. A parlane ai microfoni del Difforme Giuseppe Moretti Presidente USPP

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La situazione delle carceri è molto complessa e quella che riguarda gli IPM, ovvero le carceri per i minori, ancora di più. Nel 2024, stando ai dati forniti dall’associazione Antigone nel settimo rapporto sulla giustizia minorile, sono attualmente 500 i ragazzi dietro le sbarre. Il dato è da record, o meglio “anti” record: sono 15 anni che non si raggiungevano numeri simili.

A influenzare tali cifre è stato sicuramente il decreto Caivano che amplia la possibilità di ricorrere alla custodia cautelare e dà il potere al direttore dell’istituto di trasferire i detenuti diventati maggiorenni subito nel carcere per adulti. Secondo i dati forniti dall’associazione Antigone, la crescita delle presenze negli ultimi 12 mesi è fatta quasi interamente di ragazze e ragazzi in misura cautelare. Tutto questo ha causato un preoccupante sovraffollamento anche negli IPM.

Per approfondire le vicende che affliggono i ragazzi e anche chi tutela la loro sicurezza, abbiamo raggiunto Giuseppe Moretti, Presidente dell’Unione Sindacati di Polizia Penitenziaria (USPP), che ci ha restituito le problematiche del fenomeno dal punto di vista della polizia penitenziaria. Non solo il futuro dei ragazzi rinchiusi in questi istituti è compromesso dalla carenza di figure apposite come insegnanti, psicologi, medici, psichiatri ma anche per gli agenti di polizia penitenziaria è sempre più difficile dover far fronte a numerosissimi ragazzi con il problema consistente e annoso della carenza di organico.

Quali sono le problematiche principali negli IPM?

“Sicuramente il sovraffollamento è un problema che si tocca con mano. Lo sentiamo ancora di più per via del principale problema che affligge da anni la polizia penitenziaria, cioè la carenza di organico. Mancano soprattutto risorse adeguate rispetto a figure intermedie come educatori, psicologi ed esperti che possano supportare correttamente il percorso di recupero dei ragazzi. Per quanto riguarda la situazione dei minori ci sono delle criticità dovute all’aumento degli stranieri che risultano più difficili da reinserire in un progetto di recupero. La maggior parte dei ragazzi stranieri è abbandonato a sé stesso, ha un passato tragico e infiniti traumi che senza delle figure apposite facciamo fatica a gestire”.

“Un altro problema è quello dei detenuti nella fascia d’età 18-25 all’interno di un contesto con minori. La differenza di età e molto spesso i differenti spessori criminali creano delle problematiche a livello di gestione e della sicurezza degli istituti”.

Quanti sono gli agenti penitenziari operanti negli IPM?

“Nel caso dell’IPM di Roma c’è una carenza all’organico che oggi si attesta intorno al 22% rispetto alle unità previste dall’impianto organico del DM 2017. Però il problema fondamentale è che questa pianta organica è di per sé inadeguata tant’è che adesso il dipartimento ci ha mandato recentemente una proposta per ridistribuire le unità che saranno assegnate dai prossimi corsi alla giustizia minorile, stabilendo una percentuale di carenza del 33%. Insomma, noi a Roma lavoriamo con il 33% del personale in meno. Per quanto riguarda la situazione a livello nazionale negli IPM su un organico di 1613 previsti ne sono presenti 1407 compresi i 60 distaccati dagli adulti”.

Che ne pensa invece del decreto Caivano?

“Siamo favorevoli a un decreto del genere. Il detenuto, anche minorenne, quando commette reato va punito. Ma ciò non toglie che gli siano negate le possibilità di reinserimento nella società. L’unica cosa è che una norma deve essere però supportata da adeguate risorse strutturali, strumentali e soprattutto umane. Non possono aumentare i ragazzi e restare invariato, e ripeto, sottorganico, il personale all’interno delle strutture”.

… e tutti quei ragazzi afflitti da problematiche mentali?

“Secondo noi c’è da lavorare proprio su tutto ciò che riguarda la sanità penitenziaria. Per quanto riguarda i detenuti psichiatrici è necessario implementare le strutture esterne previste dalla norma, cioè le REMS, in modo tale da tutelare i soggetti psichiatrici e la sicurezza all’interno delle carceri. Inoltre, bisognerebbe allo stesso tempo implementare le strutture interne attraverso una collaborazione interministeriale. Il ministero della sanità potrebbe collaborare per potenziare la sanità all’interno degli istituti. La nostra richiesta è proprio quella di ripristinare la sanità penitenziaria perché non è possibile, ad oggi, per assicurare una corretta cura dei detenuti all’interno delle strutture rivolgersi al servizio sanitario esterno.

Questo comporta anche un abnorme carico di lavoro per il personale perché l’esternalizzazione delle cure e anche dei controlli o di tutto quello che riguarda la salute del detenuto grava su di noi. Stiamo avendo problemi gravissimi anche a livello di traduzioni (ndr. Trasferimento di un detenuto da un istituto all’altro), di mobilità dei detenuti che fanno avanti e indietro con gli ospedali dove nei pronto soccorso non ci sono salette ad hoc per loro e quindi compaiono problemi assoluti di sicurezza”.

Quali sono le vostre richieste al Governo?

“Ecco noi abbiamo chiesto al governo di fare un focus su queste tematiche che riguardano i detenuti psichiatrici ma più in generale sulla sanità penitenziaria che è uno dei gravi problemi che si riscontrano all’interno delle strutture penitenziarie. Inoltre, il governo ha proposto e sta seguendo un iter che deve arrivare alla conclusione in questi giorni su nostra proposta: ha accettato l’idea di ridurre il corso di formazione iniziale degli agenti portandolo da sei a quattro mesi in modo da poter diciamo accelerare i tempi di arruolamento del personale.

Abbiamo chiesto di implementare unità cinofile per far fronte al problema della droga nelle carceri. Qualcosa dall’alto si sta muovendo per quanto riguarda la situazione strettamente collegata al personale penitenziario che lavora negli istituti. Soprattutto chiediamo al governo, visto anche i milioni che impiegherà per l’edilizia penitenziaria, cioè per la costruzione e ristrutturazione delle case circondariale, di implementare il numero degli agenti laddove vengono creati nuovi posti di servizio. Vogliamo che vengano ristabiliti i numeri corretti rispetto alle modifiche normative che sono state attuate”.

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