In un silenzio impeccabile in cui risuonano latinie ed organo, con sguardo serio e consapevole, Papa Leone XIV ha presieduto, sul sagrato della Basilica Vaticana, la Messa di Intronizzazione ricca di simbologia e riti. Sullo sfondo dell’arazzo rappresentante l’episodio del Vangelo della pesca miracolosa, simbolo dell’invio di Cristo a Pietro e agli altri apostoli a diventare “pescatori di uomini“, si sancisce ufficialmente l’inizio dell’insediamento e del conseguente Pontificato di Prevost.
Al termine delle celebrazioni, il Santo Padre ha indetto la Benedizione Urbi et Orbi, dopo aver ringraziato i presenti venuti da ogni angolo del mondo e aver rivolto attenzione alla “martoriata Ucraina” che attende “pace giusta e duratura” e ai bambini in fin di vita a Gaza. In visibile commozione, Papa Prevost ha salutato la folla per recarsi all’interno della Basilica e incontrare le delegazioni, i leader e i Capi di Stato.
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Dopo le letture e il Vangelo recitato in latino e greco, Papa Leone XIV è stato investito del Pallio, una striscia di lana bianca proveniente da agnelli benedetti, simbolo della pecorella ritrovata dal Buon Pastore e ricamata con cinque croci rosse simbolo delle piaghe di Cristo e, ha indossato l’Anello del Pescatore, segno di un’unione sponsale tra Chiesa e Gesù Cristo, esprime il legame di cui il Papa è il tramite. Il primo anello è stato forgiato nel 200, e il più antico è stato ritrovato a Viterbo.
Un gesto estremamente emozionate che ha visto Papa Prevost commosso osservare per un momento l’anello appena infilato all’anulare sinistro, per poi soffermarsi a pregare con mani giunte e sguardo rivolto in cielo, come se stesse sempre più prendendo consapevolezza del ruolo da ricoprire per cui è stato scelto.
L’omelia di Papa Prevost: “Scelto senza alcun merito, vengo con timore e tremore tra voi”
“Con il cuore colmo di gratitudine“. E’ l’esordio di Papa Leone XIV nell’omelia recitata dal sagrato, e che riassume l’effettiva sensazione che emana: riconoscenza e consapevolezza.
“Sono stato scelto senza alcun merito e, con timore e tremore, vengo a voi come un fratello che vuole farsi servo della vostra fede e della vostra gioia, camminando con voi sulla via dell’amore di Dio, che ci vuole tutti uniti in un’unica famiglia“. Così, prosegue Papa Leone XIV accolto dall’applauso dei fedeli e incentrando poi l’omelia sull’invito a “cercare Cristo, accogliere Cristo e ascoltare Cristo”.
Nella missione affidata a San Pietro da Gesù, Papa Prevost ne sottolinea il compito “di ‘amare di più’ e di donare la sua vita per il gregge“, sottolineando che il ministero di Pietro è contrassegnato proprio da questo amore “oblativo, perché la Chiesa di Roma presiede nella carità e la sua vera autorità è la carità di Cristo“.
E nel rimarcare come “non si tratta mai di catturare gli altri con la sopraffazione, con la propaganda religiosa o con i mezzi del potere“, il Santo Padre puntualizza che si tratta sempre e solo di amare come ha fatto Gesù.
Perché “se la pietra è Cristo“, allora “Pietro deve pascere il gregge senza cedere mai alla tentazione di essere un condottiero solitario o un capo posto al di sopra degli altri, facendosi padrone delle persone a lui affidate“. “Al contrario – ha proseguito nell’omelia -, a lui è richiesto di servire la fede dei fratelli, camminando insieme a loro: tutti, infatti, siamo costituiti ‘pietre vive’, chiamati col nostro Battesimo a costruire l’edificio di Dio nella comunione fraterna, nell’armonia dello Spirito, nella convivenza delle diversità“.
Facendo riferimento ai tempi odierni segnati da ancora “troppa discordia, troppe ferite causate dall’odio, dalla violenza, dai pregiudizi, dalla paura del diverso, da un paradigma economico che sfrutta le risorse della Terra ed emargina i più poveri“, Papa Leone XIV esprime quello che vorrebbe fosse il “nostro primo grande desiderio: una Chiesa unita, segno di unità e di comunione, che diventi fermento per un mondo riconciliato“. “E noi vogliamo essere, dentro questa pasta, un piccolo lievito di unità, di comunione, di fraternità“.
Omelia integrale:
Cari fratelli Cardinali,
Fratelli nell’episcopato e nel sacerdozio, distinte Autorità e Membri del Corpo Diplomatico, fratelli e sorelle! Saluto tutti voi con il cuore colmo di gratitudine, all’inizio del ministero che mi è stato affidato. Scriveva Sant’Agostino: «Ci hai fatti per te, [Signore,] e il nostro cuore non ha posa finché non riposa in te» (Le Confessioni, 1, 1.1). In questi ultimi giorni, abbiamo vissuto un tempo particolarmente intenso. La morte di Papa Francesco ha riempito di tristezza il nostro cuore e, in quelle ore difficili, ci siamo sentiti come quelle folle di cui il Vangelo dice che erano «come pecore senza pastore» (Mt 9,36).
Proprio nel giorno di Pasqua, però, abbiamo ricevuto la sua ultima benedizione e, nella luce della Risurrezione, abbiamo affrontato questo momento nella certezza che il Signore non abbandona mai il suo popolo, lo raduna quando è disperso e «lo custodisce come un pastore il suo gregge» (Ger 31,10). In questo spirito di fede, il Collegio dei Cardinali si è riunito per il Conclave; arrivando da storie e strade diverse, abbiamo posto nelle mani di Dio il desiderio di eleggere il nuovo successore di Pietro, il Vescovo di Roma, un pastore capace di custodire il ricco patrimonio della fede cristiana e, al contempo, di gettare lo sguardo lontano, per andare incontro alle domande, alle inquietudini e alle sfide di oggi.
Accompagnati dalla vostra preghiera, abbiamo avvertito l’opera dello Spirito Santo,
che ha saputo accordare i diversi strumenti musicali, facendo vibrare le corde del nostro cuore in un’unica melodia. Sono stato scelto senza alcun merito e, con timore e tremore, vengo a voi come un fratello che vuole farsi servo della vostra fede e della vostra gioia, camminando con voi sulla via dell’amore di Dio, che ci vuole tutti uniti in un’unica famiglia.
Amore e unità: queste sono le due dimensioni della missione affidata a Pietro da Gesù. Ce lo narra il brano del Vangelo, che ci conduce sul lago di Tiberiade, lo stesso dove Gesù aveva iniziato la missione ricevuta dal Padre: “pescare” l’umanità per salvarla dalle acque del male e della morte. Passando sulla riva di quel lago, aveva chiamato Pietro e gli altri primi discepoli a essere come Lui “pescatori di uomini”; e ora, dopo la risurrezione, tocca proprio a loro portare avanti questa missione, gettare sempre e nuovamente la rete per immergere nelle acque del mondo la speranza del Vangelo, navigare nel mare della vita perché tutti possano ritrovarsi nell’abbraccio di Dio.
Come può Pietro portare avanti questo compito? Il Vangelo ci dice che è possibile solo perché ha sperimentato nella propria vita l’amore infinito e incondizionato di Dio, anche nell’ora del fallimento e del rinnegamento. Per questo, quando è Gesù a rivolgersi a Pietro, il Vangelo usa il verbo greco agapao, che si riferisce all’amore che Dio ha per noi, al suo offrirsi senza riserve e senza calcoli, diverso da quello usato per la risposta di Pietro, che invece descrive l’amore di amicizia, che ci scambiamo tra di noi.
Quando Gesù chiede a Pietro: «Simone, figlio di Giovanni, mi ami?» (Gv 21,16), si riferisce
dunque all’amore del Padre. È come se Gesù gli dicesse: solo se hai conosciuto e sperimentato questo amore di Dio, che non viene mai meno, potrai pascere i miei agnelli; solo nell’amore di Dio Padre potrai amare i tuoi fratelli con un “di più”, cioè offrendo la vita per i tuoi fratelli.
A Pietro, dunque, è affidato il compito di “amare di più” e di donare la sua vita per il gregge. Il ministero di Pietro è contrassegnato proprio da questo amore oblativo, perché la Chiesa di Roma presiede nella carità e la sua vera autorità è la carità di Cristo. Non si tratta mai di catturare gli altri con la sopraffazione, con la propaganda religiosa o con i mezzi del potere, ma si tratta sempre e solo di amare come ha fatto Gesù. Lui – afferma lo stesso Apostolo Pietro – «è la pietra, che è stata scartata da voi, costruttori, e che è diventata la pietra d’angolo» (At 4,11).
E se la pietra è Cristo, Pietro deve pascere il gregge senza cedere mai alla tentazione di essere un condottiero solitario o un capo posto al di sopra degli altri, facendosi padrone delle persone a lui affidate (cfr 1Pt 5,3); al contrario, a lui è richiesto di servire
la fede dei fratelli, camminando insieme a loro: tutti, infatti, siamo costituiti «pietre vive» (1Pt 2,5), chiamati col nostro Battesimo a costruire l’edificio di Dio nella comunione fraterna, nell’armonia dello Spirito, nella convivenza delle diversità. Come afferma Sant’Agostino: «La Chiesa consta di tutti coloro che sono in concordia con i fratelli e che amano il prossimo» (Discorso 359, 9).
Questo, fratelli e sorelle, vorrei che fosse il nostro primo grande desiderio: una Chiesa unita, segno di unità e di comunione, che diventi fermento per un mondo riconciliato.
In questo nostro tempo, vediamo ancora troppa discordia, troppe ferite causate dall’odio, dalla violenza, dai pregiudizi, dalla paura del diverso, da un paradigma economico che sfrutta le risorse della Terra ed emargina i più poveri. E noi vogliamo essere, dentro questa pasta, un piccolo lievito di unità, di comunione, di fraternità. Noi vogliamo dire al mondo, con umiltà e con gioia: guardate a Cristo! Avvicinatevi a Lui! Accogliete la sua Parola che illumina e consola! Ascoltate la sua proposta di amore per diventare la sua unica famiglia: nell’unico Cristo siamo uno.
E questa è la strada da fare insieme, tra di noi ma anche con le Chiese cristiane sorelle, con coloro che percorrono altri cammini religiosi, con chi coltiva l’inquietudine della ricerca di Dio, con tutte le donne e gli uomini di buona volontà, per costruire un mondo nuovo in cui regni la pace. Questo è lo spirito missionario che deve animarci, senza chiuderci nel nostro piccolo gruppo né sentirci superiori al mondo; siamo chiamati a offrire a tutti l’amore di Dio, perché si realizzi quell’unità che non annulla le differenze, ma valorizza la storia personale di ciascuno e la cultura sociale e religiosa di ogni popolo.
Fratelli, sorelle, questa è l’ora dell’amore! La carità di Dio che ci rende fratelli tra di noi è il cuore del Vangelo e, con il mio predecessore Leone XIII, oggi possiamo chiederci: se questo criterio «prevalesse nel mondo, non cesserebbe subito ogni dissidio e non tornerebbe forse la pace?» (Lett. enc. Rerum novarum, 21). Con la luce e la forza dello Spirito Santo, costruiamo una Chiesa fondata sull’amore di Dio e segno di unità, una Chiesa missionaria, che apre le braccia al mondo, che annuncia la Parola, che si lascia inquietare dalla storia, e che diventa lievito di concordia per l’umanità. Insieme, come unico popolo, come fratelli tutti, camminiamo incontro a Dio e amiamoci a vicenda tra di noi.
Prima della Messa
Prima di giungere sul sagrato, all’interno della Basilica, sotto al baldacchino del Bernini, il Pontefice ha pregato dinanzi alla tomba di San Pietro, inizio della liturgia della messa. Il Pontefice, con in mano la ferula utilizzata da papa Paolo VI, scende, con i Patriarchi delle Chiese Orientali, al Sepolcro di San Pietro, vi sosta in preghiera e poi lo incensa. Questo momento sottolinea lo stretto legame del Vescovo di Roma all’Apostolo Pietro e al suo martirio, proprio nel luogo in cui il primo Vicario di Cristo ha confessato con il sangue la sua fede, insieme a tanti altri cristiani che con lui hanno dato la stessa testimonianza.
Sull’altare in Piazza è disposta l’icona mariana della Madonna del Buon Consiglio, alla quale è molto devoto Prevost. Proprio in un’uscita a sorpresa dei giorni scorsi, Prevost si era recato al Santuario di Genazzano per rivolgere una preghiera alla Madonna del Buon Consiglio.
Il bagno di folla
Con sorriso smagliante e autentico su un volto sereno ed emozionato, Papa Prevost ha prima ha percorso in papamobile via della Conciliazione e Piazza San Pietro per il suo primo saluto ai presenti radunati per partecipare alle celbrazioni.
Il primo giro di Piazza San Pietro per Papa Leone XIV a bordo della Papamobile è iniziato! 🚐✝️👋
— Silere non possum (@silerenonpossum) May 18, 2025
Un bagno di folla lo accoglie con entusiasmo e commozione! ❤️🔥🙌🎉
Applausi, bandiere al vento e tanta gioia per un momento storico! 🇵🇪🇻🇦🕊️📸
Viva il Papa!#silerenonpossum… pic.twitter.com/2f6Wp6z1Uy
Una Roma blindata accoglie 156 delegazioni arrivate da ogni parte del mondo e oltre 250mila fedeli. In piazza i controlli sono rigidi anche per gli addetti alla stampa, dove sono proibite borracce metalliche, bottiglie di vetro, seggioline pieghevoli.
Per garantire la sicurezza dei fedeli in afflusso dalla prime ore di questa mattina in tutta l’area del Vaticano, alcuni droni della Polizia catturano le immagini in collegamento con gli occhi elettronici della Questura di Roma. I droni monitorano nello specifico, le superfici stradali, lo spazio sovrastante e tutte le direttrici di afflusso.
I riti della Messa di Insediamento
Dall’omaggio alla tomba di Pietro ai simboli che si tramandano da secoli alla disposizione al numero di concelebranti, la cerimonia di Intronizzazione si snoda in regole ben precise e segue una simbologia ad hoc. Per questa occasione, l’altare della Basilica custodisce il Pallio, l’Anello del Pescatore e l’Evangelario.
Il Pallio è una striscia di lana bianca proveniente da agnelli benedetti, simbolo della pecorella ritrovata dal Buon Pastore, ricamata con cinque croci rosse simbolo delle piaghe di Cristo. L’Anello del Pescatore, in oro e simboleggia il Pontificato, porta incisa la barca di San Pietro circondata dal nome del nuovo Papa. E’ il medesimo che viene scalfito e graffiato nel momento in cui il pontefice muore. L’Evangelario è il libro liturgico per la proclamazione del Vangelo nel corso della Messa dopo la Seconda lettura.
Il rito nello specifico, prevede che il Papa si rechi all’altare, lo baci e lo incensi. Dopo poi essere entrato nel sepolcro di San Pietro, dove si ferma in preghiera, il Pontefice con i cardinali si sposta in processione sul sagrato di Piazza San Pietro portando l’anello, il Pallio e l’Evangelario. Poi inizia la Solenne messa: il Papa benedice con l’Evangelario, poi il protodiacono pone il Pallio sulle sue spalle.
Il Decano dei Cardinali, il cardinal Giovanni Battista Re, infila l’Anello del Pescatore all’anulare sinistro del Pontefice. Il Papa si alza in piedi per l’acclamazione e benedice con l’Evangelario i presenti. I cardinali prestano da questo momento obbedienza al Pontefice. Poi la celebrazione della Messa prosegue come di consueto, con l’omelia e si chiude con la Benedizione Urbi et Orbi.
Intronizzazione Papa Leone XIV, i presenti
Tra le personalità attese, in prima fila sul lato destro del sagrato di San Pietro, il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella e la figlia Laura, il Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, il vicepremier e Ministro degli Esteri, Antonio Tajani, i Presidenti di Senato e Camera, Ignazio la Russa e Lorenzo Fontana, dagli Stati Uniti, il vicepresidente JD Vance e la moglie e Dina Boluarte, Presidente del Perù, Paese dove Prevost detiene la seconda cittadinanza.
Dalla seconda fila, invece, i sovrani regnanti cattolici, tra i quali Felipe e Letizia di Spagna, Filippo e Matilde del Belgio, Alberto e Charlène di Monaco. Il Gran Maestro dell’Ordine di Malta, John Timothy Dunlap e i sovrani regnanti non cattolici. I Capi di Stato e leader siederanno invece in ordine alfabetico francese, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky e, per la Russia, la ministra della cultura Olga Liubimova, già a Roma per i funerali di Bergoglio. Il Presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen.
Sul lato sinistro invece del sagrato, il blocco dedicato ai 200 cardinali.
Tra i rappresentati ecumenici invece, in base all’elenco diffuso dalla Sala Stampa vaticana, si prevede la presenza del Patriarcato ecumenico di Costantinopoli, greco.ortodosso di Alessandria, di Antiochia e di tutto l’Oriente, di Gerusalemme. Il Patriarcato di Mosca, serbo, rumeno, bulgaro e di Georgia. Le Chiese presenti riguardato l’ortodossa di Cirpo, di Grecia, Albania, delle Terre Ceche e Slovacchia e l’Arcidiocesi di Ohrida.
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