Il destino della piccola Indi Gregory è stato deciso, dopo la lunga battaglia legale e politica, tra Regno Unito e Italia. A mettere un punto definitivo sul fine vita della bimba inglese di 8 mesi, affetta da una patologia mitocondriale gravissima, decretata come terminale dai medici del Queen’s Medical Centre di Nottingham e dai giudici britannici, è stato lo stop ai macchinari che la tengono in vita, avvenuto ieri, più volte annunciato e rinviato.
Il distacco è stato eseguito sotto scorta della polizia in un hospice locale, come imposto dalle corti del Regno alla famiglia, a partire dall’interruzione della ventilazione assistita e dall’aggancio a strumenti alternativi che dovrebbero garantire alla piccola di non soffrire, mentre le verranno somministrati i famaci palliativi che l’accompagnerann0 “gradualmente” verso la morte.
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Si è consumato così il destino della piccola Indi, a darne la comunicazione all’1.45 il papà Dean Gregory a La Presse.
Indi è morta
A darne la comunicazione è stato il papà con una dichiarazione a La Presse. Anche a nome della moglie Clare, il papà Dean Gregory ha lanciato il suo urlo di dolore: “Siamo arrabbiati, affranti e pieni vergogna”. Quello della piccola Indi è stato una caso che ha coinvolto emotivamente il mondo. Una storia medica e giuridica che si è consumata nel dolore provocato da una fine annunciata e alla quale non si poteva mettere riparo: la malattia non lasciava scampo.
I genitori della piccola Indi hanno voluto sottolineare come la piccola Indi fosse speciale dal giorno della sua nascita. Ed hanno riservato critiche alla gestione del caso: “hanno cercato di sbarazzarsi di lei senza che nessuno lo sapesse, ma io e Clare ci siamo assicurati che sarebbe stata ricordata per sempre”.
Al termine della lunga battaglia legale e all’esito fatale di questa notte all’1.45 i genitori hanno fatto sapere che tribunali e medici “sono riusciti a prendere il corpo e la dignità di Indi, ma non potranno mai prendere la sua anima”.
Nuovo appello rifiutato, l’11 novembre saranno staccati i supporti vitali
I genitori di Indi erano riusciti a ottenere un prolungamento dei trattamenti fino all’udienza di ieri, 10 novembre, dove però si sono visti negare nuovamente la possibilità di trasferire Indi a Roma, nell’ospedale pediatrico Bambino Gesù.
Quindi, i supporti vitali di Indi dovranno esse staccati oggi, 11 novembre, entro le 11 (ora locale) come predisposto dalla magistratura britannica. Inoltre, è stato nuovamente negato alla coppia di poter portare la bambina a casa per il fine vita.
A nulla è servito l’appello formale di Giorgia Meloni al premier inglese Rishi Sunak, in cui aveva chiesto in un intervento politico per sensibilizzare le autorità giudiziarie e permettere il trasferimento. Ma l’Alta Corte britannica ha sentenziato di nuovo il fine vita per la piccola Indi Gregory.
L’udienza di oggi 10 novembre e l’ipotesi del trasferimento in Italia
L’appello sulla possibilità di trasferire la giurisdizione del caso al giudice italiano verrà discusso oggi pomeriggio, con il termine per il distacco dei supporti vitali prorogato fino all’esito dell’udienza. Gli avvocati stanno lavorando attentamente sulle strategie per salvarla. “Non merita di morire, merita una possibilità. Lei è una combattente!”, è l’appello disperato di Dean, un padre pronta a tutto pur di salvare la sua bambina.
La scadenza per porre fine alle cure che tengono in vita la piccola Ingrid nell’ospedale inglese è stata prorogata a oggi, in attesa della conclusione di una udienza cruciale in cui a partire dalle 13 (orario italiano), si deciderà sul trasferimento della neonata a Roma, all’ospedale Bambino Gesù, pronto ad accoglierla, e quindi del suo destino.
L’Italia ha di recente concesso la cittadinanza a Indi per offrirle una chance di sopravvivenza. E proprio su questo si basano gli sforzi portati avanti dai legali inglesi che rappresentano la famiglia Gregory, in collaborazione con l’associazione Pro Vita & Famiglia onlus e l’ex senatore leghista e avvocato Simone Pillon, responsabili del lato italiano della vicenda. Come hanno spiegato i legali, è stato possibile fare passi in avanti dopo che il giudice competente italiano si è messo in contatto con quello inglese e gli atti sono stati trasmessi alla Corte d’Appello. Inoltre, la Presidenza del Consiglio dei Ministri ha scritto al ministero della Giustizia britannico come previsto dalla Convenzione dell’Aia.
Il ricorso all’Alta Corte britannica
Il giudice Robert Peel ha deciso nell’ultima udienza per Indi Gregory, che la neonata dovrà essere staccata dai macchinari che la tengono in vita non oltre le 14 ora locale (le 15 in Italia). L’ennesimo verdetto che riempie di rabbia e disperazione i genitori della piccola, che continuano a lottare strenuamente da otto mesi per tenere in vita Indi.
Anche questa volta i genitori di Indi non si sono arresi e, dopo essersi visti negare anche la possibilità di togliere i supporti vitali alla bambina nella sicurezza e nel conforto della loro abitazione, hanno deciso di effettuare un nuovo ricorso. In questa battaglia legale sono supportati dal Christian Legal Centre e dall’organizzazione Christian Concern.
In Italia seguono il caso Jacopo Coghe, portavoce di Pro Vita & Famiglia Onlus e l’avvocato Simone Pillon a stretto contatto con gli uffici legali inglesi. L’obiettivo è quello di collaborare per riuscire a portare la piccola Indi in Italia.
Il rischio di un conflitto giurisdizionale
Matteo Corradini, il console italiano a Londra, ha emesso un provvedimento d’urgenza “dichiarando la competenza del giudice italiano e autorizzando l’adozione del piano terapeutico proposto dall’ospedale Bambino Gesù di Roma e il trasferimento della minore a Roma“. La piccola, aveva già ottenuto il 6 novembre la cittadinanza italiana, conferitale dallo stesso Premier Giorgia Meloni, così da favorire il trasferimento della minore dalla Gran Bretagna all’Italia.
Antonio Perno è stato nominato curatore di Indi, direttore dell’ospedale pediatrico di Roma che si è offerto di curare la neonata. L’obiettivo di questo provvedimento urgente è garantire alla bimba le cure adeguate, anche se questo significata dare vita ad un conflitto giurisdizionale. Infatti, nel caso in cui non fosse possibile la collaborazione tra le strutture ospedaliere dei due Paesi si rischiano problemi legali non di poco conto.
Le minacce ai genitori di Indi
Dean e Claire Gregory hanno definito “disumano” l’atteggiamento delle autorità sanitarie britanniche che hanno ignorato fino ad ora l’offerta di aiuto dell’ospedale di Roma. Intanto, la coppia è pronta per la partenza, unica speranza rimasta per tenere in vita Indi. In Gran Bretagna la bambina è considerata terminale e il fine vita è l’unica soluzione scelta dai giudici e dai medici inglesi.
Il padre di Indi, Dean Gregory, ha anche raccontato alla BBC di aver ricevuto varie minacce dai medici che hanno in cura sua figlia. “Hanno minacciato di staccarle la spina prima del tempo, mentre non eravamo presenti né io né mia moglie. Quando l’ho saputo ho avuto la sensazione di stare per avere un infarto“. Parole strozzate che escono dalla bocca di un uomo distrutto, che però resiste e continua a lottare per tenere in vita la sua bambina. “Non c’è nessuna compassione, nessuna attenzione nei nostri confronti, solo crudeltà“.
Le ultime ore di speranza
Rimangono poche ore prima che la sentenza del giudice Peel debba essere applicata. Alle 15 ora italiana alla piccola Indi dovrà essere tolto il supporto vitale. I suoi genitori hanno comunque preparato le valigie, nella speranza di poter salire su quel volo con destinazione Roma che potrà garantire alla loro bambina un altro po’ di tempo. Ma l’umore non è dei migliori. Anche in Italia aleggia la sensazione che non si possa fare nulla e che purtroppo ad otto mesi Indi stia andando incontro a morte certa.
Il caso Indi Gregory, inoltre, è ignorato dai grandi giornali britannici, per cui i giudici e i magistrati dell’Alta Corte non avvertono alcuna pressione mediatica sulla loro decisione.
Nessun ripensamento per ora né dalla Corte, né dai medici, per cui il ricorso dei Gregory sembra stia per essere definitivamente cestinato. Inizia quindi il conto alla rovescia per la piccola Indi, la cui vita è nelle mani di altri. Non potrà neanche spirare in casa sua, dove purtroppo è vissuta per pochissimo tempo, ma potrà essere trasferita solo in un hospice, oppure rimanere nello stesso ospedale in cui è stata condannata a morte.
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