Giuditta Brattini, Maya Papotti, Laura Canali, Jacopo Intini e sua moglie Amal Khayal sono riusciti a fuggire dal disastro della striscia di Gaza e a tornare in Italia. Sono tutti volontari di varie ONG stabilitesi in Palestina e hanno cercato di portare avanti fino alla fine la loro missione umanitaria, che però è stata fortemente ostacolata dalla pericolosità del conflitto.
Le operazioni per il loro ritorno in patria sono state coordinate dalla Farnesina, e sono state rese particolarmente complesse a causa della difficoltà delle comunicazioni e per la situazione nel territorio. Grazie alla collaborazione dell’Ambasciata a Tel Aviv, del Consolato Generale a Gerusalemme e dell’Ambasciata al Cairo, col coordinamento dell’Unità di Crisi, è stato possibile riportare i nostri connazionali a casa.
I cinque fortunati sono riusciti a lasciare il Paese poiché in possesso di passaporto italiano e ciò ha permesso loro di poter attraversare il valico di Rafah, aperto grazie agli accordi raggiunti tra Israele ed Egitto. Ad accoglierli al Cairo il personale dell’ambasciata d’Italia.
Gaza, chi sono gli italiani tornati a casa
I quattro cittadini italiani, più la moglie palestinese di uno di questi, hanno deciso di tornare in Italia a seguito delle difficoltà sempre maggiori incontrate nella striscia di Gaza. Una decisione non semplice e data, non solo dalla paura stessa del conflitto, ma soprattutto dall’impossibilità di continuare a svolgere il loro lavoro di missionari a causa della mancanza di viveri essenziali e di aiuti umanitari.
“Sono provato ma sto bene. Il nostro ruolo è di stare al fianco della popolazione ma le condizioni drammatiche sul campo non ci consentono di lavorare”, così ha spiegato la situazione Jacopo Intini, che lavora per la ONG Cooperazione internazionale Sud Sud, a Sergio Cipolla, il presidente della ONG Ciss di Palermo.
Uomini e donne che hanno lasciato l’Italia per aiutare chi aveva bisogno e che si sono trovati davanti al bivio tra la salvaguardia della propria vita o di quella degli altri. Alla fine, la decisione di andare via e tornare a casa, dove la notte si può dormire senza temere di non svegliarsi.
“Noi che abbiamo il doppio passaporto possiamo andare via, siamo dei privilegiati, ma i nostri fratelli, le nostre sorelle restano a Gaza a morire”, queste le parole di Amala Khayal, moglie palestinese di Jacopo Intino, che ha avuto la possibilità di lasciare il suo Paese proprio grazie al matrimonio con Jacopo. Si sono conosciuti sul campo, entrambi nella stessa ONG e tre anni fa hanno deciso di sposarsi. Oggi sono entrambi al sicuro, ma Amal non può dimenticare il suo popolo e l’inferno che sta attraversando.
Sono tornati a casa anche Laura Canali che collaborava con Human Rights Watch, Maya Papotti di Azione contro la fame e Giuditta Brattini dell’Associazione Gazzella.
Gaza, Tajani: “Ora dobbiamo lavorare per gli altri italiani”
“Stanno bene”, così Tajani, capo della diplomazia italiana, ha annunciato la riuscita operazione di salvataggio dei cinque italiani a Gaza. Ora però bisogna pensare agli altri 14 italiani che sono ancora in Palestina e di cui non si hanno ancora notizie certe. Anche stavolta, molti di loro sono missionari giunti nel Paese a fianco delle Ong. In totale sono rimaste 14 persone, tra cui cittadini con passaporto italiano, con doppio passaporto e cooperanti palestinesi.
Alcuni di loro non sembrano intenzionati a lasciare Gaza, per poter continuare a portare il loro aiuto a coloro che soffrono, ma altri stanno considerando l’idea di tornare in Italia. È una situazione complessa, soprattutto per le difficoltà date dalla mancanza di aiuti umanitari e per la mancanza di una linea diretta di comunicazione, che non permette di avere notizie in tempo reale sulle condizioni dei nostri concittadini.