L’ultimo episodio si è verificato a Sesto San Giovanni e ha riguardato un giovane da tempo in cura in un istituto psichiatrico, più volte segnalato alla polizia dai vicini di casa
È avvenuto a Sesto San Giovanni, nell’hinterland del capoluogo lombardo. Il giovane era da tempo in cura in un istituto psichiatrico e era stato più volte segnalato alla polizia dai vicini di casa
Un diciannovenne, a Sesto San Giovanni, in provincia di Milano ha ucciso il padre e poi lo ha fatto a pezzi. È stato lo stesso ragazzo a dare l’allarme ai carabinieri, esortandoli a raggiungere presto l’abitazione in cui risiedeva col padre.
Il giovane è stato ritrovato in stato di shock con un coltello in mano, presumibilmente l’arma del delitto. Si cerca poi un secondo oggetto contundente, utilizzato per sezionare il corpo nelle ore successive il delitto.
L’omicida era da tempo in cura in un centro psico-sociale ed era già stato segnalato alle forze dell’ordine dal vicinato, soprattutto durante il lockdown per via di feste organizzate nonostante i divieti.
Padre e figlio vivevano da soli dopo l’abbandono e la separazione della madre del ragazzo, residente ora in Austria. Alla base della furia omicida potrebbero esserci non solo l’instabilità del giovane, ma anche rancori personali accumulati nel tempo.
In tre anni più di venti patricidi in Italia
La violenza che porta un figlio a uccidere il padre nasce quasi sempre da liti o violenze familiari. Secondo le stime, dal 2019 ad oggi sono circa venti i casi di parricidio commessi, per lo più, da figli maschi di età compresa fra i 14 e i 51 anni.
L’arma del delitto in molti casi è un coltello e l’omicida soffre di disturbi psichici oppure è vittima di abusi e violenze in famiglia.
Il caso di Sesto San Giovanni è solo l’ultimo della lista. Prima di ciò, fra i più recenti episodi, c’è quello verificatosi nel settembre 2021, a Trieste, dove un giovane di 25 anni accoltellò il padre dopo un aspro litigio e una serie di casi di violenza.
Non solo giovani, ma anche adulti come nel caso accaduto a Mantova, nell’estate 2021, quando un 51enne tornato a vivere nella casa dei genitori per aver perso il lavoro, ha ucciso il padre di 75 anni: il movente era il volume troppo alto del televisore.
Pochi mesi prima, nell’aprile 2021, un 19enne si costituì ai carabinieri confessando di aver avvelenato la pasta al patrigno, che morì, e alla madre, che riuscì a salvarsi e due mesi prima, un 23enne, non accettando la convivenza con la nuova compagna del padre, lo uccise con oltre venti coltellate mentre dormiva accanto alla donna che aveva “sostituito” la madre.
La violenza è uno dei fili conduttori: spesso la morte del padre avviene dopo anni di soprusi che opera sul figlio o sugli altri conviventi della casa. Come è accaduto a Genova, ad agosto 2020, quando due ragazzi di 30 e 22 anni uccisero il padre con un mattarello: la vittima era imputata in un processo per maltrattamenti in famiglia e stava cercando di convincere uno dei figli a cambiare testimonianza in suo favore.
Anche a Monterotondo, vicino Roma, nel 2019, una ragazza ha accoltellato il padre uccidendolo, mentre l’uomo ubriaco stava picchiando lei, la madre e la nonna. Le accuse contro la 19enne sono state fatte cadere e il gesto è stato considerato come legittima difesa.