Carmine Gallo, Nunzio Samuele Calamucci e Giulio Cornelli hanno deciso di non rispondere alle domande del gip sull’inchiesta riguardante il caso dossier. Tutti e tre gli indagati avrebbero però reso dichiarazioni spontanee, in attesa di avere conoscenza di tutti gli atti dell’indagine. Il ramo milanese della rete di presunte cyber spie continua a rivelare nuovi tasselli, giorno dopo giorno, e per il momento nessuno degli indagati ha chiarito integralmente la sua posizione.
Gli interrogatori rientrano nelle indagini riguardanti la presunta associazione per delinquere gravitante intorno all’agenzia investigativa Equalize Srl, con sede a Milano, il cui amministratore delegato è Angelo Gallo e il socio maggioritario è Enrico Pazzali, presidente della Fondazione Fiera ora dimessosi a tempo indeterminato. Nell’inchiesta, condotta dai carabinieri del Nucleo investigativo di Varese e coordinata dal pm Francesco De Tommasi, si contesta l’associazione per delinquere finalizzata ad una serie di reati, tra cui l’accesso abusivo a sistema informatico per prelievi di centinaia di migliaia di informazioni riservate da banche dati strategiche per la creazione di dossier.
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La Dda di Milano che indaga insieme alla Direzionale nazionale antimafia, avrebbe chiesto 13 custodie cautelari in carcere, tra cui quelle di Gallo e Calamucci, e 3 ai domiciliari, tra cui quella di Enrico Pazzali. Non tutte sono state accettate dalla Procura di Milano, e per il momento nell’inchiesta gli arrestati sono quattro, tutti ai domiciliari.
Dossier, le dichiarazioni spontanee degli indagati
Il super poliziotto Gallo, intercettato dai cronisti fuori dal Palazzo di Giustizia di Milano, non si è fermato per rispondere alle loro domande ma ha pronunciato una sola e criptica frase: “È la vita, scusate ma non posso parlare“. Sembrerebbe comunque che le dichiarazioni spontanee da lui rese fossero concentrare sulla sua carriera da “servitore dello Stato“, durata oltre 40 anni, allo scopo di dimostrare la propria innocenza. Il suo legale, Antonella Augumeri, ha chiarito che il suo assistito “dimostrerà la sua estraneità ai fatti con un interrogatorio con i pm e collaborerà con i magistrati“.
La stessa linea è stata adottata dai due hacker coinvolti nell’inchiesta, Calamucci e Cornelli, i quali si sono avvalsi della facoltà di non rispondere. Entrambi si trovano agli arresti domiciliari dallo scorso 25 ottobre. Calamucci sarebbe accusato di essere al vertice della rete di cyber spie che avrebbe prelevato dati dalle banche strategiche nazionali e fabbricato dossier illegali, allo scopo di condizionare la politica e l’economia italiana oltre che per questioni monetarie e avrebbe deciso di presentare una memoria scritta per dimostrare la sua innocenza. Giulio Cornelli, difeso dal legale Giovanni Tarquini, ha invece rilasciato solo alcune brevi dichiarazioni spontanee,
Sono in corso anche gli interrogatori di altri personaggi coinvolti nell’inchiesta, ma non ritenuti ai vertici della presunta agenzia di spionaggio. Tra questi c’è Massimiliano Camponovo, che si è avvalso della facoltà di non rispondere. Al momento sarebbe in corso quello di Marco Malerba, poliziotto accusato di aver passato alla presunta banda dati riservati dietro compensazione. Previsto per oggi anche l’interrogatorio da remoto del militare della Guardia di Finanza Giuliano Schiano, per cui è stata disposta la sospensione dal servizio come misura cautelare.
Proprio Malerba sarebbe stato il primo a rispondere alle domande del gip, dichiarando di aver operato degli accessi abusivi nelle banche dati “nell’ambito di un rapporto di scambio di favori“. Questi ultimi sarebbero stati a lui richiesti “dal suo capo“, ovvero Carmine Gallo.
Dossier, la banda avrebbe avuto dati del Cnaipic
Intanto le ultime evoluzioni del caso dossieraggio vedrebbero la presunta rete di cyber spie in possesso di dati riservati provenienti dal Cnaipic (Centro anticrimine informatico per le infrastrutture critiche della Polizia Postale). Le indagini avrebbero però certificato che all’interno della struttura non vi sarebbero talpe, per cui questi sarebbero stati recuperati attraverso accessi illegali ai server. Secondo gli investigatori, infatti, l’hacker Calamucci sarebbe “molto attento” e “verificherebbe con attenzione tutte le attività fi pg che possano interessare le loro azioni, al fine di organizzare le difese e prendere le necessarie contromisure“.
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