La commissaria dei diritti umani chiede di rivedere il documento di Roma che regola l’attività nel Mediterraneo delle organizzazioni non governative
Non piace a Bruxelles il decreto Ong, ossia l’ultimo provvedimento del governo Meloni che regolamenta le attività delle Organizzazioni Non Governative nel mar Mediterraneo. Nelle ultime ore infatti la commissaria dei diritti umani del Consiglio d’Europa, Dunja Mijatovic, ha chiesto che il provvedimento venga “ritirato o come minimo emendato” perché senza modifiche la sua approvazione comporterebbe, da parte dell’Italia, il non rispetto degli obblighi in materia di diritti umani e di diritto internazionale. Il disegno di legge intanto sta proseguendo il suo iter parlamentare, in attesa della conversione in legge: i partiti della maggioranza hanno confermato l’appoggio al provvedimento Piantedosi, mentre quelli dell’opposizione hanno sottolineato gli aspetti critici della normativa richiamandosi anche alle osservazioni provenienti da Strasburgo.
La lettera a Piantedosi
La comunicazione con Roma è avvenuta tramite una lettera inviata al ministro dell’Interno Matteo Piantedosi: la commissaria si è detta “preoccupata per le conseguenze che la norma può avere sull’attività di salvataggio di vite da parte delle navi delle Ong operanti nel Mare Nostrum”. Per Mijatovic sono soprattutto tre i punti critici: le regole sui salvataggi in mare, la scelta dei porti dove sbarcare le persone e i controlli tecnici a cui le navi delle Ong saranno sottoposte. Per l’organo del Consiglio d’Europa la parte del decreto che “prevede che le navi che hanno effettuato un salvataggio debbano raggiungere senza indugio il porto assegnato per lo sbarco” rischia di impedire, come già successo, alle Ong di effettuare altri salvataggi “anche quando hanno ancora la capacità di effettuare un’altra operazione”. Ma Roma respinge questa tesi. “Ciò che la nuova norma intende evitare – ha scritto il governo nella sua risposta alla lettera di Mijatovic – è piuttosto la sistematica attività di recupero dei migranti nelle acque antistanti le coste libiche e tunisine al fine di condurli esclusivamente in Italia, senza alcuna forma di coordinamento”. Quanto all’assegnazione alle navi delle Ong di porti in centro e nord Italia per sbarcare le persone salvate, la commissaria ha sottolineato che questa scelta potrebbe “prolungare le sofferenze delle persone salvate in mare e ritardare indebitamente la fornitura di un’assistenza adeguata a soddisfare i loro bisogni primari”. Ma il governo ha risposto spiegando che lo scopo di questa scelta è piuttosto quello di redistribuire tra le regioni gli oneri organizzativi e logistici legati alla gestione degli sbarchi, alleggerendo così il peso su Lampedusa, la Sicilia e la Calabria.