«In Italia oggi abbiamo due pandemie: la prima legata alla variante Delta, la seconda alla Omicron». È quanto ha affermato il direttore dell’Istituto Mario Negri, Giuseppe Remuzzi, nel corso della trasmissione Mezz’ora in più di Rai3.
«Mi aspettavo – ha spiegato Remuzzi – che il virus sarebbe diventato progressivamente meno aggressivo e meno capace di aggredire i polmoni, secondo quella che è la naturale evoluzione dei virus, che nel giro di molti anni tendono a diventare meno letali, come sta accadendo con la Omicron. Tuttavia – ha aggiunto Remuzzi – non mi aspettavo che questa variante fosse in grado di diffondersi tanto rapidamente. E questo aspetto non è detto che sia una cosa negativa». Attualmente, ha aggiunto, «abbiamo in un certo senso due pandemie: una sostenuta dalla variante Omicron e una dalla Delta» e, sebbene i dati siano ancora allo studio, ci sono secondo Remuzzi elementi per ritenere che «le persone ricoverate in terapie intensiva in questo momento siano persone che hanno contratto la variante Delta».
Cosa ci riserva il futuro
Per quanto riguarda gli scenari che potrebbero aprirsi nel prossimo futuro, legati allo sviluppo della pandemia, «si può temere che Omicron non riesca a contagiare un grandissimo numero di persone, vicino al 95%, prima che la Delta continui lungo la sua strada».
Se infatti le due varianti dovessero coesistere a lungo, «questo potrebbe rappresentare un ulteriore problema, ci sarebbero delle preoccupazioni in più. Se invece Omicron riuscisse a sopraffare Delta, dal momento che è abbastanza chiaro che la malattia che provoca è meno severa, soprattutto per quanto riguarda l’interessamento polmonare, allora forse riusciamo a vedere la discesa della curva nel giro di qualche settimana».
Tuttavia è difficile fare previsioni perché, «mentre speriamo che Omicron vinca la corsa con Delta, c’è un’altra variante che viene dal Camerun e che adesso si trova in Inghilterra, e un’altra ancora è stata appena identificata a Cipro. La situazione da un momento all’altro può complicarsi, ma credo che qualche motivo di speranza ci sia».