Caso Pedri, assolto l’ex primario di Ginecologia e la sua vice

I due medici erano accusati di maltrattamenti su di lei, che stando all'accusa, si sarebbe suicidata e su altri 20 dipendenti dell'ospedale Santa Chiara di Trento

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Il fatto non sussiste” è questa la sentenza emessa dal Tribunale di Trento che chiude così l’inchiesta giudiziaria condotta nei confronti dell’ex primario del reparto di Ginecologia e Ostetricia dell’ospedale Santa Chiara di Treno, Saverio Tateo, e la sua ex vice, Liliana Mereu. Tra le persone offese nel procedimento penale compariva anche Sara Pedri, una ginecologa scomparsa nel 2021. Accusati, infatti, di maltrattamenti continuati e in concorso ai danni di 21 professionisti, tra medici, infermieri e ostetriche, Tateo e Mereu sono stati assolti con una formula che implica che il reato non è stato provato.

L’inchiesta era stata aperta alcuni mesi dopo le indagini condotte internamente all’ospedale e avviate dopo la scomparsa della giovane dottoressa, avvenuta il 4 marzo 2021, il giorno seguente essersi dimessa dall’ospedale Santa Chiara. Secondo l’accusa, Pedri si sarebbe suicidata. A fine novembre 2024, la pm Maria Colpani aveva, difatti, chiesto la condanna a quattro anni, due mesi e 20 giorni per gli imputati.

Nel reparto “si era creato un clima oppressivo“, dichiarava Colpani nel corso della requisitoria. Un’atmosfera, che a detta del magistrato, per farla emergere “c’è voluto il morto” riferendosi a Sara Pedri. La tesi di Colpani era sostenuta da una serie di testimonianza raccolte nella fase preliminare del procedimento penale, in cui era stato raccontato lo stato di ansia e di perenne malessere che veniva subito a causa del lavoro e del clima nel reparto.

Ma, nell’ultima udienza risalente al 15 gennaio scorso, i legali difensori hanno chiesto l’assoluzione di Tateo e Mereu rigettando le accuse e dichiarando che la tragica vicenda di Pedri fosse stata strumentalizzata. Infatti, gli avvocati hanno concluso che i due imputati non potevano essere considerati responsabili dell’accaduto, in quanto l’episodio non c’entrava nulla con le denunce dell’ambiente lavorativo.

Caso Pedri, gli antefatti

Le denunce dei maltrattamenti sono state attuate dalla madre e dalla sorella di Sara Pedri che aveva iniziato a raccontare le vicende pochi mesi prime la tragedia, quando all’epoca aveva 31 anni. Stando alla sua testimonianza, erano emerse condizioni di lavoro nel reparto in cui lavorava al quanto pesanti, oltre ad aver subito diverse volte umiliazioni e punizioni.

Per questo motivo, una commissione d’inchiesta dell’azienda sanitaria aveva iniziato ad indagare internamente sui comportamenti dell’ex primario Tateo, dopo aver voluto ascoltare le testimonianze di 110 professionisti tra medici, infermieri e operatori sanitari attivi nel reparto di Ginecologia.

A ottobre 2021, era stata la Procura di Trento ad iniziare le indagini nei confronti di Tateo e Mereu, dopo un’ispezione avviata nell’azienda provinciale di Trento da parte del ministro della Salute, Roberto Speranza e in seguito ad un’indagine condotta dai carabinieri del Nas. Un mese dopo, l’ex primario è stato licenziato, provvedimento che il tribunale del lavoro annullò successivamente ritenendolo illegittimo. Motivo per cui, il Santa Chiara dovette risarcire Tateo versando oltre 125mila euro, ma quest’ultimo non tornò a prestare servizio nel reparto.

Nel corso delle udienze effettuate dall’inizio del procedimento avviato nel novembre del 2023, sarebbero state esaminate una serie di contestazioni contro il primario e la sua vice riguardanti nello specifico dei comportamenti prevaricatori, violenze verbali, gestione delle nomine, ritmi di lavoro. Accuse che i due indagati hanno sempre respinto.

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