“Il ragazzo intrappolato nel fango e nelle macerie ci dicono abbia iniziato a chiamare i soccorsi intorno alle 7 di mattina. Grazie a Dio è sopravvissuto”. Così racconta il dottor Roberto Pieralli, medico di emergenza territoriale, di quei giorni di maltempo a Bologna
“In alcune giornate gli elicotteri del 118 non erano in grado di volare in molte aree perché il meteo non glielo consentiva. Il nostro focus è stato quello di garantire, per prima cosa, la continuità dei servizi di soccorso e la copertura dei turni visti i problemi di arrivo del personale nelle sedi lavorative. Altro aspetto che abbiamo dovuto affrontare in modo diverso era l’ordinario, che è diventato straordinario per via del contesto nel giro di pochi giorni”. Così racconta a Il Difforme il dottor Roberto Pieralli, medico bolognese del 118, che ha operato durante quei giorni di totale caos tra frane e alluvioni.
Anche se il tempo ad oggi sembra calmarsi i danni registrati in Emilia-Romagna, tra infrastrutture, rete viaria e ferroviaria e a tutti i suoi cittadini, sono enormi. Per quanto riguarda solamente la Città metropolitana di Bologna, i danni alla viabilità ammonterebbero a 110 milioni di euro.
Intanto personale 118, vigili del fuoco, soccorso alpino e la protezione civile continuano a salvare vite umane.
Per gli operatori del 118 turni infiniti: fino a 36 ore di lavoro
In particolare, il dottor Pieralli ha raccontato le dure condizioni di lavoro dei medici, degli infermieri e degli autisti – soccorritori del 118 durante i giorni di maltempo: “Noi operiamo in un’area nel bolognese che è abbastanza vasta come territorio perché comprende sia una parte appenninica, che è un po’ più complessa da trattare, sia la parte pianeggiante, colpita prevalentemente da allagamenti. La parte invece montana è stata duramente colpita dalle frane. Quest’ultime solo nella provincia sono state più di 80 e hanno modificato la viabilità in maniera importante e quindi, di conseguenza, i tempi dei soccorsi”.
“Nella nostra equipe siamo arrivati a fare turni di quasi 36 ore – continua a spiegare il dottor Pieralli -. Qualcuno si è dovuto fermare per forza nelle sedi perché, appunto, non riusciva a rientrare al domicilio. Una mia collega è arrivata a totalizzare 50 ore fuori da casa. Lei, tra l’altro, aveva la casa in una delle zone colpite da una frana pesante. Un’altra per arrivare a lavoro ha dovuto avere un passaggio da un trattore perché l’acqua era troppo alta in alcuni punti” riporta il dottor Pieralli.
Operatori del 118 assistono all’episodio del ragazzo uscito dalle macerie
Un episodio particolare a cui hanno assistito i medici del 118 è stato quello della devastazione delle Ganzole. In particolare, una trattoria a Sasso Marconi è stata teatro della furia di una frana. Dentro al locale i tavoli erano sottosopra e la cucina completamente distrutta. Fuori fango, rami e detriti.
“Qui, alcuni miei colleghi hanno fatto dei soccorsi e mi hanno raccontato di un ragazzo che è riuscito ad uscire da solo dalle macerie e dal fango – inizia a raccontare il dottor Pieralli. La storia è andata esattamente così. Il ragazzo intrappolato nelle macerie ci dicono abbia iniziato a chiamare i soccorsi intorno alle 7 di mattina dato che era rimasto incastrato tra il fango e i detriti.
È riuscito a sopravvivere arrampicandosi sui piani superiori ed è restato lì finché non sono arrivati i soccorsi tecnici (vigili del fuoco e protezione civile) a tirarlo fuori. Le ambulanze sono dovute restare in un’area più lontana, non potevamo arrivare direttamente lì sul posto, era impossibile, non abbiamo mezzi anfibi. Dopo 3 ore di lavoro, verso le 10 di mattina, il ragazzo finalmente è stato soccorso e portato ai nostri mezzi del 118, non distanti dal luogo, per verificare le sue condizioni di salute. Meno male che è riuscito ad uscire autonomamente perché solo arrivare lì è stata un’impresa” conclude l’episodio il dottor Pieralli.
Operatori del 118: il lavoro di tutti i giorni degli operatori 118 quando cambia il contesto
“La vera sfida è far continuare a funzionare un servizio di soccorso quando cambia il contesto. Continuano gli incidenti, infarti, ictus. È stato complicato lavorare” ha spiegato il dottore parlando del lavoro ordinario che, ovviamente, non si è interrotto durante i giorni di disastri creati dal maltempo. “Non ho i numeri esatti dei soccorsi fatti per quanto riguarda le patologie che sono tempo dipendenti come l’infarto. Ma quello che so è che tutta l’equipe e la rete si è riorganizzata per garantire i trattamenti in loco per evitare che gli incrementati tempi di arrivo all’ospedale potessero impattare negativamente sull’esito del paziente”.
“In particolare – spiega il dottor Pieralli – abbiamo lavorato a stretto contatti con i cardiologi per prevedere di poter attuare terapie dell’infarto con farmaci che oggi si fanno solo dove le cardiologie sono troppo distanti, come isole o aree molto più disagiate del nostro territorio in condizioni di normalità. Mettersi d’accordo e agire uniti è stato fondamentale. Fortunatamente negli anni passati avevamo studiato le nostre dotazioni e l’organizzazione in maniera proattiva, e avere già molti farmaci e materiali ci ha evitato parecchi grattacapi in questa fase di crisi. Ad esempio, se ci fosse capitato un quarantenne con l’infarto, con tempi lunghi per arrivare in cardiologia, saremmo comunque riusciti ad iniziare a trattarlo a casa, ammesso sempre che a casa noi fossimo riusciti ad arrivare” spiega il dottor Pieralli.
“Il primo pensiero di molti, compreso il mio, appena è iniziato tutto è stato: “Ora come faremo?” Ma alla fine con tanto impegno e dedizione e facendo del nostro meglio ce l’abbiamo fatta, fondamentale per noi il lavoro di equipe con infermieri e soccorritori, ma ancora di più quello interforze con tutti gli altri enti dello stato” ha concluso il dottor Pieralli.