Biden come Johnson: motivi di salute o pressioni politiche?

Biden e Johnson, gli ex presidenti democratici degli Stati Uniti che si sono ritirati dalla corsa alla candidatura per le presidenziali per quello che sarebbe stato il loro secondo mandato

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Per quanto l’annuncio del ritiro dalle presidenziali di Joe Biden abbia scosso e allarmato, forse, gli animi dei più, in verità non è la prima volta che un presidente degli USA decida di compiere questo gesto. Nella serata di ieri 21 Luglio, infatti, si è appreso che il presidente degli Stati Uniti abbia deciso di cedere il proprio posto nella corsa per il suo secondo mandato alla Casa Bianca dopo le polemiche legate alla sua salute, o forse no.

Il ritiro di Johnson

Era il 31 marzo 1968, quando dallo studio ovale un altro presidente democratico sconvolse il Paese annunciando a sorpresa che non si sarebbe ricandidato alle presidenziali. Si tratta di Lyndon B. Johnson, nato nel 1937 a Stonewall in Texas e successore di JF Kennedy. E’ il democratico che giurò per la prima volta come presidente il 22 novembre 1963 a bordo dell’Air Force One, due ore e otto minuti dopo l’assassinio di John F. Kennedy. Il suo primo mandato effettivo iniziò quando fu eletto nel 1964.

E’ l’esempio più recente, prima di Joe Biden, in quanto a defilamento dalla corsa presidenziale. Anche per Johnson, come per Biden, quello del 1968, sarebbe stato il secondo mandato, abbandonato quando non aveva neanche 60 anni. Le motivazioni che lo hanno spinto a prendere una scelta simile si leggono dal discorso di addio che pronunciava proprio quel 31 marzo. Discorso che originariamente avrebbe dovuto delineare il piano per limitare le operazioni militari degli Stati Uniti in Vietnam.

Con i figli dell’America su campi di battaglia così lontani, con la sfida al futuro dell’America qui in patria, con le nostre speranze e le speranze del mondo in gioco ogni giorno, non credo che non dovrei dedicare un’ora o un giorno del mio tempo ad una causa personale o di partito o qualsiasi altro compito diverso da quelli del presidente in carica“, pronunciava così il democratico ai cittadini. Concludendo poi: “Per questo non cercherò e non accetterò la nomination del partito per un altro mandato da presidente“.

Biden vs Johnson

Perché ritirarsi? Johnson, al momento del suo ritiro dalla rielezione, affrontava diversi avversari per la nomination. Bisogna inoltre tenere a mente il contesto storico, politico e sociale che si stava vivendo in quel momento in America. Gli States erano divisi dalla terribile guerra in Vietnam e dalle notevoli tensioni razziali che influenzavano la quotidianità di ogni cittadino. Nonostante le grandi riforme sociali introdotte, il presidente democratico arrivò alle primarie in netto calo, vincendole per miracolo contro il candidato anti-guerra Eugene McCarthy.

Diversamente da Joe Biden, che, solo nel 2020 dopo tre volte in cui aveva tentato di candidarsi, è riuscito ad ottenere la nomination dem praticamente senza opposizione sconfiggendo lo sfidante Donald Trump senza troppi sforzi. Vicepresidente di Obama, dal quale ha ricevuto nel 2017 la più alta onorificenza Usa, la Medaglia della Libertà, Biden ha compreso che è giunto il momento di mollare l’osso dopo settimane di dubbi e pressioni.

I due ex presidenti, Biden e Johnson, come si è capito, giustificano in modo consistente i propri ritiri dalla presidenza per motivi di salute. Infatti, Mark Updegrove, storico dei presidenti e direttore della LBJ Foundation, tiene particolarmente a sottolineare il fatto che il presidente Johnson si sia defilato a sorpresa per motivazioni nate principalmente dalle preoccupazioni per sua la salute. L’idea che le divisioni interne al partito tra crescenti controversie e divisioni sulla guerra in Vietnam, siano state il pretesto per “la fuga” è solo una parte – secondaria – delle cause che spinsero Johnson a non candidarsi nuovamente. Come detto però correva un periodo di fortissima pressione sociale dovuta alle concrete proteste per la guerra.

Allo stesso modo, le pressioni ricevute dai maggiori media nazionali e, poi, dai maggiori e più influenti esponenti del Partito democratico, da ultimo la ex speaker della Camera Nancy Pelosi, in seguito al dibattito del 27 giugno scorso, hanno giocato per Joe Biden un ruolo non indifferente nel compiere la scelta che ha fatto. Durante lo stesso dibattito il presidente è apparso debole, in evidente difficoltà nel far passare anche i messaggi più basilari e nell’articolare le risposte, dovendo, inoltre, tener testa a Trump.

Similmente, sia Johnson che Biden, avevano sentito nell’aria odore di possibile sconfitta. Il 16 marzo è un altro terremoto che scosse l’animo di Johnson: Robert Kennedy, fratello di JKF annuncia la sua candidatura alle primarie. Il presidente aveva già perso contro di lui nelle primarie del 1960, entrando poi come vicepresidente nel ticket di Kennedy.

Per Biden la sconfitta era possibile, non necessariamente sicura, ma anche solo questa percentuale di possibilità sarebbe significata un serio rischio di compromettere la sua legacy politica. In questo modo, Biden lascia da grande statista, da uomo che ha anteposto gli interessi nazionali e del suo partito agli interessi personali e all’ego. Ha comunque sconfitto Donald Trump in due elezioni e non si avrà mai la controprova che avrebbe perso.

Le coincidenze della storia

Una simpatica coincidenza che si può ritrovare sullo sfondo dei due eclatanti ritiri dalla corsa presidenziale vede come oggetto la Convention Democratica. Johnson si ritirò il 31 marzo del 1968. Biden si ritira il 21 luglio 2024. In questi anni si è tenuta e si terrà, quest’anno dal 19 al 22 agosto, la Convention dem a Chicago. Questa sarebbe stata per Biden l’occasione per ufficializzare la sua rinuncia alla candidatura.

Resta, dunque, aperta a “libera interpretazione” la causa per cui i due ex presidenti abbiano deciso di abbandonare la corsa alla presidenza.

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