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Il giallo a casa Meloni e l’auto di Giambruno: cosa c’entrano i servizi segreti

La vicenda risale alla notte tra il 30 novembre e il primo dicembre 2023 quando due uomini si aggirano nei paraggi dell'auto dell'ex compagno della premier posteggiata sotto casa Meloni, con fare sospetto. Partono le indagini, si apre il fascicolo e la trama si infittisce piuttosto che chiarire la vicenda. La Stampa racconta l'episodio. Depistaggi, insabbiamenti e strani interrogatori sviano la pista che si potesse trattare di due agenti segreti

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Eur, notte tra il 30 novembre e il primo dicembre 2023, casa del Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni. E’ il dove, quando si verificò quella vicenda che scosse cronaca, Palazzi e società civile, e che tutt’ora vive nell’ignoto tra interrogativi vari sul come e perché. Oggetto al centro dell’episodio, la Porsche di Andrea Giambruno, l’ex first man, ex della premier, posteggiata proprio sotto casa Meloni e intorno a cui si sono visti armeggiare due uomini.

Ma di cosa si tratta? Per ricostruire correttamente la questione occorre risalire all’ottobre 2023, quando “Striscia la Notizia“, pubblica alcuni fuorionda scomodi del giornalista Giambruno, all’epoca compagno della Presidente del Consiglio, nonché conduttore di Rete4, in cui fa pesanti apprezzamenti ad una collega. La coppia di separa.

La Mercedes Benz sotto casa Meloni

Da qui, circa più di un mese dopo, due soggetti sono stati visti muoversi in modo sospetto accanto alla Porsche dell’ex first man parcheggiata sotto casa della premier, assente perché attesa a Dubai il primo dicembre. Nello specifico, il tutto ha avuto inizio poco prima delle 4 del mattino, quando una Mercedes Benz ML nera, con finestrini posteriori oscurati, arriva sotto casa Meloni, dopo aver transitato un paio di volte e destando sospetto ad una pattuglia di servizio nella zona.

Dalla Mercedes scende un uomo che si avvicina all’auto di Giambruno con in mano uno strumento riconducibile ad un metal detector. Da qui, una poliziotta si avvicina per chiedere spiegazioni ma le viene mostrato quello che sembra essere un tesserino, l’agente così torna indietro. Proprio in questo passaggio, però, le carte dell’indagini si infittiscono fino a diventare un vero e proprio giallo tutto da definire e sciogliere.

Gli 007

Un episodio che ora, però, “è riconducibile ad attività di agenti dei servizi segreti interni“, come è stato specificato sugli atti dell’indagine aperta per la vicenda. Le carte dell’inchiesta sono quindi finite al vaglio degli inquirenti della Procura di Roma, e descrivono e raccontano uno scenario costituito da sospetti, imbrogli ed inganni, nonché addirittura insabbiamenti per come è stata affrontata la questione. La pista degli 007 sarebbe emersa dagli identikit sviluppati sui due uomini sospetti che La Stampa ha approfondito e riportato.

Nonostante non sia possibile diffondere nomi per motivi di sicurezza, secondo quanto riportato dalla testata, i profili sarebbero emersi dalla relazione fatta dalla poliziotta che li aveva incrociati quella notte ai suoi superiori: l’uomo alla guida della Mercedes avrebbe circa 50 anni con aria da militare e sguardo penetrante, di qualcuno che non scherza. L’altro, invece, più giovane sui 40, slanciato e con indosso una tuta da ginnastica.

Chi ascolta le descrizioni dei due soggetti, li riconosce e riesce a ricondurli a due persone ben precise “dei servizi segreti interni” riuscendo a tirare fuori anche le foto. Questo poliziotto però, poco dopo, “senza motivazione alcuna” viene trasferito, mentre i due uomini vengono spostati all’Aise, i servizi segreti esterni: uno mandato in Iraq e l’altro in Tunisia. Il sottosegretario Mantovano al Copasir, smetirà invece la presenza di uomini dei servizi.

Quindi, tirando le fila, inizialmente si pensa a un tentato furto dell’auto di Giambruno, tanto che gli inquirenti della questura di Roma passano al vaglio registrazioni delle telecamere della zona e scandagliano a tappeto le fonti tra i carrozzieri della Capitale. Un’ipotesi che ben presto, come specificato nell’inchiesta, “viene accantonata” e dalla Motorizzazione si riferisce che quella Mercedes ML sia intestata all’Erario dello Stato, l’Ente intestatario delle vetture di servizio.

Il 29 novembre 2023

Ma il giallo non si limita ad un’auto posteggiata perché tra le scartoffie dell’inchiesta emerge un episodio ancora più misterioso risalente al 29 novembre 2023: due uomini cercano di forzare la porta di un appartamento all’Eur, proprio sopra quello della premier. Si tratta di un’abitazione che sarebbe dovuta essere vuota, invece, in quell’alloggio c’è una donna che osserva dallo spioncino l’intera scena e impaurita chiama le forze dell’ordine: “Erano in due e uno aveva una sorta di microfono sulla giacca e parlava con il complice“. Ma i due spariscono.

Spunta una confessione

Le indagini quindi proseguono, tra testimonianza e identikit confermati, ma l’inchiesta viene spostata dalla Digos alla squadra mobile. E da qui, la svolta che ha intrigato ancora di più l’intero episodio. Davanti agli inquirenti si presenta un faccendiere che, ascoltato, racconta di essere lui presente quella notte sotto casa Meloni. Un interrogatorio però, che come appuntato nelle carte, non è del tutto canonico, perché l’interrogato può consultare il cellulare e alti funzionari della polizia sembra abbiano telefonato a chi stava conducendo l’inquisizione. Ogni parola del faccendiere non viene ritenuta credibile: troppi ripensamenti, contraddizioni e accavallamenti che non corrispondo a quanto scoperto fino a quel momento e che lascino il fascicolo aperto ma irrisolto.

Gli interrogativi irrisolti

E ricco di interrogativi che si intrecciano tra loro, dal perché di punto in bianco spunta una confessione di presa di responsabilità per quella notte al perché si muovono l’antiterrorismo e la Direzione centrale anticrimine, oltre al perché nel corso di quell’interrogatorio tutto appare fittizio e pilotato.

La Stampa, circa due mesi fa, manda la notizia che dal Dipartimento di pubblica sicurezza si mandano due ordini ben precisi. Il primo, trovare il complice del faccendiere alla guida, il secondo di trasferire l’intero caso ad un prefetto che sembra essere legato a doppio filo con “parenti stretti proprio nei servizi segreti“. Ma, a stretto giro, si scopre che la ricerca viene sospesa, lasciando le indagini in salita, almeno da quanto percepito esternamente. Al momento, quindi, l’unica certezza che si ha è che l’inchiesta potrebbe essere direttamente archiviata e permane l’interrogativo principale: qual era l’obiettivo dei due uomini identificati in due 007 quella notte sotto l’abitazione della premier Giorgia Meloni?

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