Leonardo Bertulazzi, ex membro della colonna genovese delle Brigate Rosse, è stato arrestato ieri in Argentina dopo la revoca del suo status di rifugiato, ottenuto nel 2004. L’arresto segna una svolta decisiva nel lungo processo di estradizione, portato avanti con insistenza dalle autorità italiane.
Bertulazzi, noto con il nome di battaglia “Stefano”, deve scontare una pena di 27 anni di reclusione in Italia per il sequestro dell’ingegnere navale Piero Costa, avvenuto a Genova il 12 gennaio 1977. L’operazione, ideata dalla colonna genovese delle Brigate Rosse, aveva come obiettivo il finanziamento delle future azioni sovversive, tra cui l’acquisto dell’appartamento di via Montalcini, dove successivamente venne tenuto prigioniero Aldo Moro.
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Il Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha espresso il suo “profondo apprezzamento alle autorità argentine” per aver eseguito l’arresto di Bertulazzi, condannato in Italia per reati di terrorismo. In una nota di Palazzo Chigi si sottolinea come “l’arresto del latitante sia stato reso possibile grazie a un’intensa e proficua collaborazione tra le autorità giudiziarie italiane, argentine e l’Interpol”.
Il sequestro di Piero Costa, 42 anni, esponente di una delle famiglie più ricche di armatori genovesi, avvenne in una tranquilla sera del 12 gennaio 1977. Mentre rientrava a casa, Costa venne afferrato da due uomini armati e spinto nell’abitacolo di una Fiat 132, che si allontanò a tutta velocità. La strada era stata bloccata da altri complici con una Fiat 125 parcheggiata di traverso sulla carreggiata.
I rapitori, tutti appartenenti alle Brigate Rosse, inizialmente chiesero un riscatto di 10 miliardi di lire, ridotto successivamente a 1,5 miliardi dopo una lunga trattativa con la famiglia Costa. Il pagamento avvenne a Roma, nel parco di Villa Sciarra, il 26 marzo. Costa, segregato per tutto il tempo da Riccardo Dura, venne liberato all’alba del 4 aprile, legato mani e piedi in salita San Bersezio.
L’arresto di Bertulazzi è stato eseguito dalla polizia argentina alla presenza di agenti dell’intelligence italiana e rappresentanti della Direzione Centrale Polizia di Prevenzione, della Digos di Genova e del Servizio per la Cooperazione Internazionale di Polizia, presenti a Buenos Aires già da alcune settimane. Con la sua estradizione imminente, si chiude così un capitolo oscuro della storia del terrorismo in Italia.
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