La ventenne, di nazionalità statunitense, in servizio nelle basi dell’esercito Usa, rimane ai domiciliari. La madre del ragazzo chiede che il processo sia svolto in Italia
Arriva la conferma di arresto da parte del Gip di Pordenone nei confronti di Julia Bravo, la soldatessa americana in servizio in Italia che ha travolto e ucciso un ragazzo di 15 anni. Sulla ragazza pende l’accusa di omicidio stradale, aggravato dalla guida in stato di ebbrezza.
Bravo ora dovrà restare agli arresti domiciliari, da applicarsi all’interno della base militare. «Sono distrutta, mi dispiace per il dolore che ho provocato alla famiglia», afferma la militare. Secondo le indagini, la vittima e la ragazza avevano trascorso la serata nello stesso locale, a circa un chilometro di distanza da dove poi è avvenuto l’impatto.
L’adolescente sarebbe poi tornato a casa a piedi, mentre Bravo avrebbe raggiunto la sua auto, travolgendo il ragazzo poco dopo, a ridosso di una rotatoria. «Adesso è confusa e frastornata. Stiamo parlando di una ragazza del 2002 che ha ucciso un adolescente del 2007», commenta il legale della giovane, Aldo Masserut.
La madre del ragazzo: «Che sia processata in Italia»
«Quella donna deve essere processata in Italia e scontare qui l’intera pena – commenta Barbara Scandella, la madre del giovane 15enne che ha perso la vita travolto dall’auto di Bravo – Non potrò mai perdonarla. Tutti a 20 anni abbiamo fatto le nostre sciocchezze, ma come si fa a bere così tanto prima di mettersi in auto? Nessuno ci restituirà il nostro Giovanni».
La richiesta di una giustizia “italiana” viene fatta con cognizione di causa: secondo gli accordi internazionali del trattato di Londra, del 1951, i reati che coinvolgono i militari degli Stati Uniti in missione in Italia rientrano poi sotto la giurisdizione americana.
«Non mi interessa se qualcuno dice che per questi reati in America le pene sono anche più severe. Gli americani da noi pensano di godere di una specie di impunità. La condanna deve avvenire in Italia e deve essere esemplare», conclude la madre del ragazzo.
La richiesta di Scandella raccoglie il consenso anche di Debora Serracchiani, capogruppo del Partito democratico alla Camera, che chiede che i militari Usa che commettano crimini in Italia siano giudicati nel nostro Paese. «Non ci sono paragoni con la situazione storica in cui sono stati sottoscritti gli accordi internazionali».
Anche Nicola Fratoianni di Sinistra Italiana è d’accordo: «Il trattato di Londra si riferisce ai reati avvenuti nell’esecuzione del servizio militare. Che non è certo questo i caso, quando si guida una autovettura da ubriaca e si falcia un ragazzino».
Troppo ubriaca per guidare
Vengono ascoltati i primi testimoni che ricostruiscono la serata. I racconti sono abbastanza concordi nel dire che la giovane militare statunitense fosse ubriaca all’uscita dalla discoteca. Una donna che ha assistito all’impatto racconta che la militare nel suo percorso si dirigeva in direzione opposta a dove è situata la base militare rispetto al locale.
«Siamo uscite assieme dalla medesima discoteca. Nel parcheggio non riusciva nemmeno ad accendere l’auto. Abbiamo seguito lo stesso tracciato verso Porcia e Pordenone e io, da subito, ho deciso di tenere la massima distanza. Non riusciva a tenere la strada. Giunta in prossimità della rotatoria, invece che rallentare ha accelerato, prendendo in pieno da dietro quel povero ragazzino», racconta la testimone agli investigatori.