Addio James Foley, il regista ‘non etichettabile’ di Cinquanta sfumature, Twin Peaks e Hannibal

Una narrazione visiva, lunga più di trent'anni, che ha toccato generi e linguaggi differenti: "Non ho mai amato essere etichettato e ripetermi". A dare la notizia del decesso il suo agente, avvenuto dopo una battaglia contro un tumore al cervello

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Il mondo del cinema e della televisione è in lutto dopo la sconvolgente notizia della morte del regista James Foley, che lottava da un anno contro un tumore al cervello. Il 71enne è stato trovato senza vita all’interno della sua abitazione a Los Angeles, secondo quanto riportato da Variety.

La sua versatilità, dispiegatasi tra generi e linguaggi visivi differenti, ha segnato la nascita di serie tv e film cult. James Foley è stato un artista che non ha mai amato essere etichettato: “Non mi interessa ripetermi, ma scelgo i progetti che mi attraggono, anche se non sempre funzionano“.

Dall’inizio degli studi alla consacrazione

Classe 1953, James Foley è nato a New York e cresciuto per le strade dei Brooklyn, fino al suo trasferimento in California per studiare cinema e conoscere  il regista Hal Ashby, che gli propose di lavorare insieme dopo aver visionato un suo cortometraggio.

Nonostante la collaborazione non ebbe successo, entrò nel giro hollywoodiano che gli permise di iniziare la sua produzione nel 1984 con con il film Amare con rabbia. Durante la sua carriera, durata oltre 30 anni, divisa tra cinema, tv e video musicali, è riuscito a collaborare con star di fama mondiale come Al Pacino, Sean Penn, Madonna e Mark Wahlberg.

Fu proprio la realizzazione di vari videoclip con Madonna, come Papa Don’t Preach, True Blue, Live to Tell e il film Who’s That Girl? del 1987, in cui tentò invano di lanciare la cantante come attrice, ha renderlo famoso al grande pubblico.

Continuò a dedicarsi al grande schermo con il dramma familiare con Sean Penn e Christopher Walken A distanza ravvicinata nel 1986. Ma la sua consacrazione arrivò con il film Americani, adattamento di un’opera di David Mamet sul mondo spietato dei venditori immobiliari, che vide la recitazione di figure di spicco come Al Pacino, Jack Lemmon, Alec Baldwin e Kevin Spacey

Si dedicò poi a noir intensi come Paura nel 1996, che è riuscito a lanciare le carriere di Mark Wahlberg e Reese Witherspoon, e Confidence – La truffa perfetta del 2003, con Edward Burns e Dustin Hoffman. Il filo rosso della sua filmografia? “Uomini alienati, fuori dagli schemi, spesso coinvolti in dinamiche di potere e tradimento“.

Ma nel 2007, a seguito della delusione artistica di Perfect Stranger, decise di dedicarsi al piccolo schermo.

La rinascita artistica

La prima grande serie Netflix, House of Cards – Gli intrighi del potere, fu prodotta per 12 episodi da lui per volere di David Fincher. James Foley ha continuato questo cammino, lavorando a Billions, Twin PeaksBillionsWayward Pines e Hannibal, dimostrando una rara capacità di muoversi tra linguaggi e piattaforme.

Tra il 2017 e 2018 è tornato al cinema e concluso la sua carriera con due blockbuster internazionali: gli ultimi due film della saga Cinquanta sfumature, ossia Cinquanta sfumature di nero e Cinquanta sfumature di rosso, con Dakota Johnson e Jamie Dornan.

Ho avuto una carriera molto fluida, fatta di alti e bassi” disse in un’intervista a The Hollywood Reporter nel 2017, “ho sempre risposto a ciò che mi interessava in quel momento, senza essere molto consapevole del genere“.

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