Gli estremi climatici in tutta Europa stanno divenendo la normalità. Uno studio del centro di ricerca sull’impatto climatico di Potsdam ci fornisce qualche risposta
Il centro di ricerca sugli impatti climatici di Potsdam (PIK) contribuisce con uno studio a spiegare il perché siano sempre più frequenti gli estremi climatici in Europa. Ad oggi siamo stati abituati a pensare in termini di un complicato equilibrio planetario, dove ambiente naturale e ambiente costruito dall’uomo hanno conquistato il centro del dibattito.
Gli scienziati del PIK di Potsdam ci svelano qualche cosa che cerca di andare oltre le pur accertate responsabilità degli abitanti del Pianeta. L’ipotesi di partenza era quella di verificare se gli estremi climatici fossero e in quale misura condizionati dai cambiamenti dinamici presenti nell’atmosfera.
Da Potsdam fanno sapere che sono i venti occidentali a condizionare gli estremi climatici
Giorno dopo giorno la comunità internazionale prende coscienza del confine sempre più stretto che separa la normalità dalla anomalia climatica.
Ci si sta abituando a considerare in un perimetro di normalità la pioggia torrenziale alternata alla siccità, così come il global warming che segnala il riscaldamento del Pianeta. E sul tavolo di discussione all’alterazione dello strato dell’ozono, alla riduzione delle biodiversità e alla deforestazione, il PIK di Potsdam aggiunge i cambiamenti dinamici nell’atmosfera.
Cambiamenti dinamici che costituirebbero uno dei fattori che condizionano gli estremi climatici. Per gli scienziati di Potsdam la responsabilità degli estremi climatici sarebbe da addebitare ai venti occidentali che non riescono più a respingere i sistemi metereologici.
Questo il motivo che renderebbe gli estremi climatici meno sporadici e più duraturi. Ecco perché è più facile che, invece che modeste precipitazioni per qualche giorno, ci si trovi davanti a diluvi eccessivi e continui. E, all’opposto, che i giorni di sole cocente si protraggano per troppo tempo creando il problema della siccità e incendi più frequenti.
L’impatto dell’azione umana sull’ambiente: Potsdam non tragga in inganno
Il rapporto di ricerca del PIK di Potsdam non tragga in inganno. I cambiamenti dinamici nell’atmosfera non devono essere interpretati come assoluzione dei comportamenti degli esseri umani. Ciò sarebbe un errore clamoroso, perché sancirebbe la rottura del legame tra tutela ambientale e sviluppo economico.
Insomma, gli stili di vita condizionano eccome l’ambiente e il suo clima. A ricordare le responsabilità dell’uomo ci pensa l’Organizzazione metereologica mondiale (OMN), nel rapporto provvisorio State of the Climate 2021. In tale rapporto si evidenzia come l’uomo sia in gran parte responsabile degli estremi climatici. Il segretario generale dell’ONM Petteri Taalas ha stilato una serie di esempi di eventi anomali accaduti a causa dell’uomo, tra cui la pioggia che ha sostituito la neve in Groenlandia e un’ondata di calore in Canada che ha portato le temperature oltre i 50°.
Anche in Italia la situazione non è migliore. Ce lo ricorda Legambiente nel dossier CittàClima: gli estremi climatici sono cresciuti del 17% e, rispetto al 2020, sono aumentati del 20% i comuni colpiti. A risentirne sono soprattutto le grandi città metropolitane come Roma e Milano. Insomma, la situazione climatica non sta affatto migliorando in questi ultimi anni.
Alcune soluzioni per ridurre perlomeno l’impatto che noi uomini abbiamo sull’ambiente ci sono, ma se ne stanno mettendo in pratica ancora troppo poche e troppo lentamente. E questo mentre studi accreditati ci informano che gli estremi climatici sono tutt’altro che un problema lontano o poco presente.