Un progetto che vale un miliardo e mezzo di euro. L’amministratore delegato: “Momento di svolta”. Ma ci sono rischi per l’ambiente
Un progetto tanto ambizioso quanto controverso volto a fornire al Giappone l’idrogeno prodotto in Australia a partire dal carbone riceverà 220 miliardi di yen (1,5 miliardi di euro) dal governo di Tokyo per prepararsi alla fase commerciale. Il finanziamento, che deriva da un fondo per l’innovazione verde sarà utilizzato per “progettare e costruire strutture su scala commerciale” per liquefare l’idrogeno in Australia e trasportarlo via nave al porto industriale di Kawasaki, vicino a Tokyo.
Un progetto “complesso” per la decarbonizzazione
“Questo è davvero un momento di svolta per i nostri sforzi congiunti per decarbonizzare la produzione globale di energia”, ha afferma Eiichi Harada, amministratore delegato di Japan Suiso Energy (JSE), una joint venture giapponese coinvolta nel progetto e che include Kawasaki e Iwatani Corporation. Questo impegno sostanziale da parte del governo giapponese “dà la fiducia necessaria per passare alla fase successiva della commercializzazione”, aggiunge Harada. Tuttavia, il progetto è “complesso” e c’è “ancora molta strada da fare in termini di approvazioni, progettazione, costruzione e messa in servizio”.
Il progetto Hesc: da 30 a 40mila tonnellate di idrogeno l’anno
Il progetto Hesc (Hydrogen Energy Supply Chain) aveva già beneficiato di un investimento pari a 300 milioni di euro da parte delle autorità giapponesi e australiane per la sua fase pilota. Per quella commerciale, l’obiettivo è iniziare producendo da 30 a 40.000 tonnellate all’anno di idrogeno (nello stato iniziale di gas) entro la fine del decennio in corso, prima di aumentare potenzialmente a 225.000 tonnellate all’anno a partire dal 2030.
I rischi per l’ambiente della produzione di idrogeno
L’obiettivo è ridurre le emissioni di CO2 di 1,8 milioni di tonnellate all’anno, pari a quelle annue di 350.000 auto termiche, secondo i promotori del progetto. Ma se l’idrogeno è un’energia pulita a valle, la sua produzione è decisamente inquinante se proviene da combustibili fossili, e in particolare dal carbone. Pertanto, affinché il progetto Hesc abbia senso dal punto di vista ambientale, la CO2 generata dalla sua produzione dovrà essere catturata e immagazzinata nei fondali marini al largo delle coste dell’Australia. Tuttavia, al momento questa soluzione è incerta, sia per i tempi sia per le modalità dello stoccaggio, ma se non venisse messa a terra le emissioni di CO2 aumenterebbero da 2,9 a 3,8 milioni di tonnellate all’anno, secondo uno studio del think tank indipendente Australia Institute pubblicato lo scorso anno. Inoltre, queste tecnologie “non sono ancora provate, e quindi la produzione di idrogeno dal carbone non dovrebbe essere presa in considerazione se il mondo intendesse davvero ridurre le proprie emissioni di gas serra”, spiega Bronya Lipski dell’Ong australiana Environment Victoria.